Il bilancio provvisorio delle vittime del terremoto di venerdì in Myanmar è stato aggiornato ad almeno circa 1.700 morti accertati, oltre ad almeno 300 dispersi e circa 3.400 feriti. Lo ha comunicato il primo ministro della Malaysia, Anwar Ibrahim, alla Bbc, dopo aver parlato al telefono con il capo della giunta militare birmana. Le stime parlando di un bilancio finale di morti che potrebbe oscillare fra i 10mila e i 100mila morti.
Si è spenta subito la speranza di aver salvato una donna incinta dalle macerie di Mandalay, dopo il terremoto che venerdì ha scosso il Myanmar. I soccorritori pensavano di aver estratto viva Mathu Thu Lwin, 35 anni, ma non sono riusciti a rianimarla dopo averla tirata fuori dai detriti del complesso di appartamenti Sky Villa..
Le squadre di soccorso nelle ultime ore sono riuscite a salvare 29 persone, estratte vive dopo circa 30 ore da un complesso abitativo a Mandalay, la seconda città del Myanmar, gravemente colpita dal terremoto di venerdì. Dalle macerie, fanno sapere funzionari della Croce Rossa citati dalla Bbc, sono stati estratti anche 9 cadaveri, mentre le persone che si ritiene siano ancora intrappolate sotto i detriti siano almeno 90, non si sa se vivi o morti. Il complesso è lo Sky Villa, molto noto a Mandalay, consiste di quattro palazzi, tutti di 11 piani, tre delle quali sono collassate.
La Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (Ficr) ha lanciato un appello urgente per raccogliere almeno 100 milioni di dollari per aiutare le vittime del devastante terremoto in Myanmar. “Per rafforzare il nostro sostegno, la Ficr sta lanciando un appello di emergenza per raccogliere 100 milioni di franchi svizzeri (circa 104,2 milioni di dollari) per assistere 100.000 persone (20.000 nuclei familiari)”, ha spiegato la più grande rete umanitaria del mondo.
Un funzionario delle Nazioni Unite ha denunciato al Bbc World Service di aver ricevuto segnalazioni che la giunta militare del Myanmar ha lanciato attacchi aerei contro i ribelli meno di un’ora dopo il devastante terremoto di venerdì. James Rodehaver, che guida il team del Myanmar presso l’ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite, afferma che l’esercito “è da tempo il principale limitatore degli aiuti umanitari e dell’accesso” nel Paese. “Secondo i rapporti che stiamo ricevendo sul campo, meno di un’ora dopo il terremoto di venerdì l’esercito ha lanciato attacchi aerei. Quello era il suo obiettivo. Stava lanciando attacchi aerei contro la sua stessa gente, anche nelle aree colpite dal terremoto. Quasi come se volessero colpire” chi è impegnato “a salvare alle persone intrappolate sotto le macerie”. Il funzionario Onu aggiunge che gli attacchi, pur temperati dall’appello urgente agli aiuti internazionali, sono “da anni parte della tattica della giunta militare di richiamo per le allodole”.
C’è un’emergenza nell’emergenza della catastrofe in Myanmar: i 6,7 milioni di bambini che vivono in un paese già provato da fame e guerra civile con il 32% della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà. Tra ieri e oggi, piccoli corpi sono già stati ritrovati sotto le macerie delle scuole dove i bimbi si trovavano quando le due violente scosse hanno scosso il paese. Ma anche per chi resta in vita la tragedia è enorme.
Da anni il paese sotto il regime militare soffre di una povertà strutturale che impedisce ai bambini, soprattutto delle aree rurali, di godere dei loro diritti più fondamentali. Per questo L’Unicef è “profondamente preoccupato per l’impatto devastante” che sisma ha sui minori, più bisognosi degli adulti di protezione e supporto psicologico. Il Cesvi, una delle poche organizzazioni italiane attive in Myanmar da oltre vent’anni, sostiene che “la priorità ora è verificare se vi siano scuole colpite e bambini in condizioni critiche”.
Amy Sawitta Lefevre, operatrice di Save the Children da Bangkok, ha anche lanciato un altro allarme: nel nord della Thailandia, al confine con il Myanmar “il terremoto – ha detto all’ANSA – ha colpito gravemente oltre 28mila bambini che vivono nei campi profughi, aggravando ulteriormente la loro situazione, già particolarmente vulnerabile a causa dei recenti tagli agli aiuti”.
Operatore Caritas, in Myanmar serviranno aiuti per almeno per 5 anni
“I team dei soccorritori sono riusciti ad arrivare a Mandalay, la zona più colpita dal sisma del Myanmar. Le difficoltà delle prime ore sono state le comunicazioni interrotte, non solo telefono e internet, ma anche quelle fisiche, con i ponti crollati e le strade inagibili. Ora è dunque cominciata la raccolta dei bisogni, per poi lanciare operazioni di risposta di primissima emergenza.
Tutto questo mentre si scava a mani nude per salvare vite umane”. A parlare della situazione in queste ore in Myanmar è Giuseppe Pedron, responsabile dei progetti in Asia per Caritas Italiana. “Presto si porrà il problema delle abitazioni perché la maggior parte, nella zona dell’epicentro, sono andate distrutte e serviranno dei rifugi semipermanenti. Non vanno bene le tendopoli – spiega Pedron all’ANSA – che in queste occasioni vengono installate per la prima emergenza perché in quella zona sono in arrivo anche i monsoni, tra giugno e luglio”. Una emergenza, dunque, nella emergenza, per un Paese da anni anche piegato dalla guerra civile. “E’ difficile fare previsioni puntuali ma per una ricostruzione, non solo fisica ma anche del tessuto sociale saranno necessari non meno di cinque anni”, afferma l’operatore Caritas.
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