Due anni senza Giulia Cecchettin. Il padre: “L’educazione affettiva non è un pericolo” – Notizie – Ansa.it

Due anni senza Giulia Cecchettin. Il padre: “L’educazione affettiva non è un pericolo” – Notizie – Ansa.it


 Da quell’11 novembre di due anni fa, in cui la sua Giulia è stata uccisa, il suo “mondo si è fermato”. Per Gino Cecchettin “non ci sono ricorrenze”, il pensiero va a lei più volte in una stessa giornata, ma ha scelto “di reagire, di dare un senso a quel dolore”. In audizione davanti alla Commissione d’inchiesta parlamentare sui femminicidi, il padre della studentessa 22enne accoltellata dall’ex fidanzato Filippo Turetta dice chiaramente di non essere lì “per chiedere più punizioni o leggi più dure” ma “per parlare di ciò che può arrivare prima: la prevenzione e quindi l’educazione”.
“So bene che ci sono paure, resistenze e incomprensioni – premette – ma vi assicuro che l’educazione affettiva non è un pericolo è una protezione, non toglie nulla a nessuno, ma aggiunge qualcosa a tutti: consapevolezza, rispetto e umanità”. Per Gino Cecchettin, presidente della fondazione che porta il nome della figlia, “una scuola che non parla di affettività, di rispetto, di parità è una scuola che lascia soli i ragazzi di fronte a un mondo che grida messaggi distorti. Quando la scuola tace – avverte – parlano i social, parlano i modelli tossici, parlano i silenzi degli adulti”. Proprio per questo, da padre, ritiene che l’educazione all’affettività “serva a partire dalla scuola dell’infanzia”. 

 

“Non sono un politico, non sono un esperto. Sono semplicemente un padre che ha visto la propria vita cambiare per sempre due anni fa. Ho perso mia figlia, una ragazza piena di vita, curiosa, generosa, capace di vedere il bene anche dove non c’era. Da quel giorno il mio mondo si è fermato, ma non potevo restare fermo anch’io” ha aggiunto Gino Cecchettin in un’audizione in Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio che gli ha rivolto un applauso. “Gli eventi come questi ti cambiano per sempre, non c’è futuro, ti viene tolto anche il futuro – ha aggiunto -. Un futuro fatto di abbracci, di ricordi e di giornate che non ci saranno più. Che in qualche modo dovevo riempire e quindi ho scelto di reagire di dare un senso a quel dolore che rischiava di distruggermi. Così è nata la fondazione Giulia Cecchettin: non per coltivare la memoria del dolore, ma per trasformarla in impegno, perché se non cambiamo la cultura che genera la violenza, continueremo a piangere altre Giulie, altre famiglie, altre vite spezzate”.

Video Gino Cecchettin: ‘Con la Fondazione stiamo lavorando a un piano educativo’

 

“Non sono qui per chiedere più punizioni o leggi più dure. La giustizia serve, ma arriva sempre dopo. Sono qui per parlare di ciò che può arrivare prima, la prevenzione e quindi l’educazione” ha detto Gino Cecchettin. “Oggi la violenza di genere viene spesso raccontata come un’emergenza, ma non lo è – ha sottolineato -. E’ un fenomeno strutturale radicato nella nostra cultura, nei linguaggi, nei modelli di relazione, negli stereotipi che continuiamo a tramandare. Non nasce all’improvviso, non è un raptus, cresce lentamente in una società che troppo spesso giustifica, minimizza, o resta in silenzio”. Come fondazione “crediamo che l’unica risposta duratura alla violenza sia educare al rispetto, all’empatia, alla libertà reciproca e questo può avvenire solo nella scuola, il luogo dove si formano le persone non solo gli studenti. Non si tratta di ideologia, ma di civiltà – ha spiegato – Parlare di educazione affettiva significa insegnare ai ragazzi a conoscere se stessi, a gestire le emozioni, a riconoscere i confini e chiedere e dare consenso. Significa insegnare che l’amore non è possesso, che la forza non è dominio, che il rispetto è la base di ogni relazione”.

 

“Il tempo a volte scorre piano, altre scorre veloce. Non saprei definire il tempo. Ma questi due anni li ho passati nel dolore”. Così Gino Cecchettin, padre di Giulia, in un’intervista al quotidiano La Stampa, precisando che “cercare la giustizia a tutti i costi viene d’istinto. Ma ci sono dolori che non si allevieranno mai, con nessun tipo di pena. Ostinarsi, come sarebbe giusto, per chiedere il riconoscimento degli atti persecutori e della crudeltà significherebbe continuare a combattere. Ma, poi, per cosa? C’è già stata una sentenza di condanna all’ergastolo”, osserva Cecchettin in merito alla pena per Filippo Turetta. “E allora a volte bisogna avere un po’ di razionalità, per decidere di usare le energie per quello che serve davvero, e non per un riconoscimento che sarebbe solo un esercizio di giurisprudenza. Proseguire con altri due o tre anni di processo non porterebbe a nulla di concreto, e invece per me sarebbe molto pesante. Preferisco rimanere collegato alle cose che creano valore”. La società di oggi “è ancora patriarcale: lo raccontano i fatti di cronaca”, afferma. “È un concetto radicato nel linguaggio, negli stereotipi sessisti e negli usi delle persone. Dal punto di vista legislativo si è fatto abbastanza, ma l’humus educativo della nostra società fatica a distaccarsi dal modello del maschio dominatore”. A due anni dall’omicidio, il padre della studentessa osserva: “Mi sembra ieri che potevo parlare con lei, e invece sono già passati due anni. Ogni giorno ha la sua dose di dolore, a volte molto intenso. Però c’è anche la felicità per avere vissuto con lei”.

 

‘Un minuto di rumore per Giulia, per tutte’. La rete delle studentesse e degli studenti per Udu Padova annuncia su Instagram un appuntamento “per fare rumore” martedì 11 novembre alle 17.00 in Piazza Portello, a Padova.  “Sono passati due anni dal femminicidio di Giulia Cecchettin, due anni dopo la notizia che ha scosso la nostra comunità studentesca e l’Italia intera. La nostra rabbia non si è fermata, come non si è fermata la conta delle donne uccise dopo Giulia per mano di uomini. Siamo arrabbiate e lo saremo ad ogni notizia di ogni donna uccisa” affermano gli studenti per Udu Padova.

 

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