Rapine, omicidi e sparatorie. La Banda della Magliana è stato questo ma anche molto altro. Il gruppo criminale egemone nella Roma a cavallo degli anni ’70 e ’80 rimarrà nella storia soprattutto per l’intricata ed efficiente rete di agganci, legami e connivenze con le figure più ambigue e le vicende più oscure della vita italiana del Dopoguerra.
I leader storici, ‘Renatino’ De Pedis, Abbruciati, Giuseppucci, Abbatino e il ‘cassiere’ Nicoletti, hanno tessuto rapporti con la grande criminalità organizzata, a cominciare da Cosa Nostra, ma hanno avuto contatti ‘operativi’ anche i gruppi legati all’eversione nera come i Nar, alla massoneria e alla P2.
A metà degli anni ’70 la malavita romana era ancora dominata da gruppi come il ”clan dei marsigliesi” di Jacques Berenguer e sullo sfondo operavano le ”batterie” che nei quartieri popolari di allora, come Magliana e Testaccio, ‘campavano’ con rapine e usura, gioco d’ azzardo. Poi quei gruppetti scoprirono la forza dell’associazione e ci fu il salto di qualità. Ad affermarsi le personalità di maggiore carisma: De Pedis e Abbruciati per i “testaccini”, Abbatino e Giuseppucci per la “magliana”.
Nel 1977, con il rapimento del conte Massimiliano Grazioli Lante della Rovere, ucciso, dopo che già era stato versato un riscatto di due miliardi di lire, arriva la svolta, trampolino di lancio per i contatti con il mondo della droga, con esponenti di Cosa nostra del calibro di Bontade e Calò.
Nel decennio successivo la Banda, secondo quanto ricostruito anni dopo dagli inquirenti, ha avuto un ruolo in vicende ancora in cerca di verità. Su tutte la scomparsa di Emanuela Orlandi nel giugno del 1983. Il ruolo della Banda è stata al centro della seconda indagine dei pm di piazzale Clodio poi finita archiviata. Il procedimento si basava, sostanzialmente, sulle dichiarazioni rese nel giugno del 2008 da Sabrina Minardi, compagna di Enrico De Pedis. Emanuela Orlandi, secondo la Minardi, sarebbe stata uccisa dopo essere stata tenuta prigioniera nei sotterranei di un palazzo vicino all’ospedale San Camillo. Una operazione svolta dalla Banda su ‘commissione’.
Le verifiche non portarono a risultati, nulla di fatto neanche dopo le analisi svolte sulle ossa rinvenute nella cripta di Sant’Apollinare, a Roma, nella quale era stato sepolto, in deroga ad ogni norma, proprio il boss Renatino. Da oltre un anno sulla scomparsa della ‘ragazza con la fascetta’ è stata avviata una nuova indagine.
La Magliana è stata accostata anche alla scomparsa del giudice Paolo Adinolfi, nel luglio del 1994 . L’intreccio, in una vicenda che al momento non ha trovato alcuno sbocco giudiziario con le inchieste tutte archiviate, sarebbe legato alla società Fiscom di cui si era occupato nel 1992 Adinolfi quando era giudice alla sezione Fallimentare. Una società di intermediazione finanziaria dichiarata fallita da Adinolfi e che sarebbe stata legata ad ambienti della criminalità organizzata e con esponenti della Banda tra cui Nicoletti che aveva la sua dimora, poi confiscata, proprio nell’attuale Casa del Jazz al centro di verifiche disposte dalla Prefettura.
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