Il parere dello psichiatra: ‘I giovani scelgono l’Intelligenza artificiale perché accondiscendente e comoda’ – Sanità – Ansa.it

Il parere dello psichiatra: ‘I giovani scelgono l’Intelligenza artificiale perché accondiscendente e comoda’ – Sanità – Ansa.it


   Un’amica, confidente, psicologa che offre risposte ragionate ma sostanzialmente acritiche, che offre cioè quello che si cerca in quel momento – un conforto, un consiglio, un’indicazione – ma che non interroga e non mette in discussione. Secondo lo psichiatra Claudio Mencacci, co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia, è questo la principale ragione per la quale gli adolescenti scelgono l’IA per chiedere aiuto in situazioni di tristezza o solitudine o consigli su scelte importanti, come emerge dall’ultimo Atlante dell’infanzia di Save the children: “I giovani sono sempre più malati di ego, e l’IA è un’amica accondiscendente e ‘comoda’, al contrario delle relazioni umane che richiedono invece impegno e confronto”.

 
    C’è innanzitutto un primo aspetto da sottolineare, spiega lo psichiatra: “L’IA rappresenta per i ragazzini di oggi quella che era la tata delle generazioni passate. Gli adolescenti attuali, infatti, in molti casi sono cresciuti con la tecnologia che ha fatto loro da baby sitter, basti pensare all’Iphone che intrattiene i piccoli fin dai primi anni di vita. E’ una generazione cresciuta con la tecnologia, che vede i propri stessi genitori farne spesso un uso eccessivo, e per la quale rivolgersi dunque ad una ‘tata tecnologica’ è qualcosa di naturale”. L’Ia e chat Gpt sono cioè diventati degli “interlocutori familiari per i ragazzi; interlocutori che, rispetto a persone in carne ed ossa, sono più comodi da raggiungere perché disponibili in qualunque momento”. Ma soprattutto, ed è questa probabilmente la ragione primaria che spiega il legame adolescenti-IA, l’Intelligenza artificiale “non fa sentire giudicati, come affermano i ragazzi stessi, non crea imbarazzi, non ha reazioni emotive che possono spaventare, non controbatte un assunto che noi poniamo e che prevalentemente ascolta”. E’ insomma questo l’identikit dell’amico ideale, commenta Mencacci, “per una generazione di adolescenti sempre più concentrati sul proprio ‘Io’, nei quali aumenta l’egoismo e che non vogliono sentirsi messi in discussione da un giudizio critico”. Ciò che viene meno è dunque, avverte, “l’empatia, il do ut des di ogni relazione umana e l’aspetto solidaristico che è alla base del rapporto tra individui. I giovani si stanno abituando ad una condizione di isolamento e solitudine, fino a diventare in casi estremi incapaci di instaurare delle relazioni umane vere, perché queste sono molto più complesse rispetto alla ‘amica IA’: relazionarsi è infatti un impegno, non basta schiacciare un bottone, ed i ragazzi sono in troppi casi incapaci di esporsi e prendersi le responsabilità anche delle proprie domande o affermazioni”. Quella con l’IA, chiarisce, “è una relazione a senso unico – sono io che chiedo e tu ti limiti a rispondere – che alla fine crea dipendenza e può essere molto pericolosa, come nel recente caso del giovane facilitato dall’IA nella sua decisione di suicidarsi invece di esserne dissuaso”.

    Quest’ultimo caso è appunto emblematico dei pericoli insiti in questo strumento: “L’IA non crea interazione umana, non è allertata da un senso di allarme dinanzi a situazioni critiche come il pensiero del suicidio; c’è solo una risposta fredda, logica, più o meno competente e corretta, ma – sottolinea – nessun coinvolgimento emozionale, nessun discernimento di un pericolo imminente che solo la relazione umana può cogliere e contrastare”. Da qui una proposta che, afferma Mencacci, vuole anche essere una provocazione: “Sarebbe il caso di apporre una scritta sui social come si fa per le sigarette o l’alcol, ovvero ‘Può nuocere gravemente alla salute’. Un alert evidente del possibile pericolo legato all’abuso”. Perchè, conclude, “non va dimenticato il fattore tempo: è infatti dimostrato che già tre ore al giorno sui social aumentano considerevolmente il rischio di depressione e danno psicologico”. 

La neuropsichiatra: ‘Il problema dei giovani è la mancanza di relazioni’

“Il problema vero è la mancanza di relazioni e la difficoltà dei ragazzi a instaurare dei rapporti veri senza il filtro della realtà virtuale, che è più comoda laddove la relazione vera interumana, invece, ti spiazza e ti provoca”. Lo sottolinea Elisa Fazzi, presidente della Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, commentando all’ANSA i dati dell’Atlante dell’infanzia di Save the children, dal quale emerge tra l’altro come il 42% degli adolescenti si rivolga all’IA per chiedere aiuto e consigli in situazioni critiche.

“Sempre più i giovani ricorrono all’IA come psicologo amico e questo – spiega Fazzi – è dovuto al fatto che è uno strumento sempre disponibile, soprattutto la notte quando si chiudono nelle loro camere, è uno strumento che non giudica e non pone problemi. Ciò è ovviamente sconcertante, perchè l’IA può anche essere il primo approccio alla richiesta di aiuto, ma viene a mancare tutta l’empatia che si gioca solo in una relazione umana”. “Credo che questa sia però l’espressione da parte dei giovani – sottolinea – di una grande solitudine e dell’enorme bisogno di essere ascoltati e visti, e forse anche della paura ad esprimere i propri sentimenti, aspetto quest’ultimo che impone agli adulti di porsi verso gli adolescenti in un’ottica di osservazione attenta e di ascolto empatico ma anche silenzioso e accogliente, non giudicante. Dobbiamo cioè creare lo spazio perchè i figli possano dirci anche delle cose scomode”.

In generale, rileva l’esperta, “il rapporto di Save the children evidenzia come da oltre 15 anni si osservi un aumento del disagio e dei disturbi psichiatrici tra gli adolescenti.
Registriamo infatti un aumento degli utenti dei servizi che è in aumento esponenziale da oltre 10 anni. Una situazione che la pandemia da Covid-19 ha reso ancora più critica. Va considerato che a volte il disagio dell’adolescente comincia però nelle prime età della vita e quindi – aggiunge – la prevenzione è fondamentale e non vanno sottovalutati, ad esempio, primi disturbi della regolazione emotiva, dell’attenzione o del sonno”. Rispetto all’uso eccessivo dell’Ia, “il pericolo è il venir meno della capacità di entrare in relazione con l’altro, è l’isolamento. La difficoltà che la relazione impone nel confronto e in una esperienza di giudizio che richiede anche di adattarsi all’altro, non arriva invece da Chat Gpt: l’Ia si adatta infatti ai tuoi bisogni in un modo virtuale e acritico che toglie la responsabilità e la fatica delle relazioni umane.
Diventa dunque fondamentale anche educare i ragazzi ad usare in modo corretto l’Ia perchè – conclude Fazzi – è impossibile cancellare questo strumento. E’ necessaria una formazione per un uso critico dell’Intelligenza artificiale”. 
   

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