Draghi: ‘Se non sviluppa l’AI l’Europa rischia la stagnazione’ – Notizie – Ansa.it

Draghi: ‘Se non sviluppa l’AI l’Europa rischia la stagnazione’ – Notizie – Ansa.it


Se l’Europa non copre il divario che la separa da altri Paesi e aree geografiche nell’adozione delle tecnologie legate allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale rischia “un futuro di stagnazione”. Lo ha detto Mario Draghi intervenendo all’inaugurazione dell’anno accademico del Politecnico di Milano.

“Se non colmiamo questo divario e non adotteremo queste tecnologie sul larga scala l’Europa rischia un futuro di stagnazione, con tutte le sue conseguenze”, ha proseguito Draghi secondo il quale, al contrario, l‘applicazione delle tecnologie legate all’Intelligenza artificiale “potrebbe innalzare in modo significativo la crescita economie avanzate: se si muovesse sulla stessa linea del precedente sviluppo del digitale negli Stati Uniti, potrebbe esserci una spinta di poco meno dello 0,8% annuo”, e se fosse sui livelli dell’elettrificazione negli anni 20 del secolo scorso la crescita potrebbe essere superiore dell’1% all’anno.

Si tratterebbe dell'”accelerazione più significativa che l’Europa ha visto da decenni”, ha spiegato Draghi. “Ciò che spesso è assente nelle discussioni sul tema” dello sviluppo delle tecnologie come l’Intelligenza artificiale, ha aggiunto, “è la considerazione di quanto queste tecnologie possano aiutare a ridurre alcune delle disuguaglianze che più incidono sulla vita quotidiana delle persone”.

L’ex presidente della Bce ed ex presidente del Consiglio ha portato l’esempio delle liste d’attesa nella sanità, citando anche studi studi Usa secondo cui “strumenti di triage e gestione dei flussi” con l’Ai “hanno ridotto i tempi di attesa in pronto soccorso di circa il 50%”.

Con l’intelligenza artificiale, ha quindi osservato, “la storia economica indica che la disoccupazione di massa non è l’esito più probabile. Le precedenti rivoluzioni tecnologiche non hanno generato perdite occupazionali permanenti. Nel tempo sono nate nuove professioni, industrie e fonti di domanda. Ma la transizione raramente è lineare”.

“La discontinuità colpisce in modo diseguale. Alcuni lavoratori, mansioni e territori sopportano l’onere della sostituzione, mentre altri beneficiano in misura sproporzionata. E se l’Ai rafforzasse dinamiche di mercato del tipo in cui il vincitore si appropria di gran parte dei benefici secondo la frase ‘the winner takes most’, la distribuzione dei guadagni potrebbe diventare ancora più sbilanciata”, ha chiarito Draghi.

“Vi sono tuttavia due elementi importanti. Primo, la velocità e l’ampiezza della sostituzione del lavoro non sono determinate solo dalla tecnologia, ma dalle politiche che vengono attuate dai governi. Dipenderà dalle scelte che questi faranno, se la prosperità creata con l’intelligenza artificiale verrà condivisa con tutti i lavoratori oppure, come sta avvenendo attualmente, affluirà solo ad alcuni. Il rischio di sostituzione è proporzionale alla rapidità con cui le imprese possono adottare nuove tecnologie, un fattore a sua volta influenzato dalla politica, dalla regolazione, dalla connettività digitale, dal costo dell’energia e dalla flessibilità del mercato del lavoro.

Allo stesso modo, la capacità dei lavoratori di spostarsi verso nuovi ruoli dipende dai sistemi educativi, dai programmi di formazione, dalla capacità delle società di riqualificare rapidamente la forza lavoro. Secondo l’Ocse, la maggior parte dei lavoratori esposti all’intelligenza artificiale non avrà bisogno di competenze tecniche specialistiche per trarne beneficio. Le competenze più richieste nelle professioni maggiormente esposte saranno legate alla gestione e all’ambito aziendale, abilità che milioni di persone possono acquisire con un supporto adeguato”.

In merito alle normative legate alle nuove tecnologie e in particolare a quelle per l’Intelligenza artificiale, l’ex premier ha osservato che “una politica efficace in condizioni di incertezza richiede adattabilità, cioè rivedere le ipotesi e adeguare rapidamente le regole man mano che emergono evidenze concrete sui rischi e i benefici. È qui che l’Europa si è inceppata”.

Per Draghi “abbiamo trattato valutazioni iniziali e provvisorie come se fossero dottrina consolidata, inserendole in leggi estremante difficili da modificare”. Le nuove tecnologie e l’Ai “non salveranno le società da tutti i loro guasti ma possono sicuramente migliorare lo stato di salute. Quanto dipenderà in gran parte dalle scelte politiche che ne guideranno la diffusione”.

“Esiste un’illusione seducente secondo la quale la crescita sarebbe meno essenziale una volta raggiunto un alto livello di sviluppo e che il calo della popolazione potrebbe consentire un aumento del benessere anche se l’economia ristagna – ha proseguito l’ex presidente della Bce – Ma questo non è vero in generale e in particolare per i Paesi che si trascinano un alto livello di debito: ciò che conta per la sostenibilità del debito è la dimensione complessiva dell’economia”.

“Se l’economia smette di crescere mentre gli interessi continuano a maturare, il rapporto tra debito e prodotto aumenterà fino a diventare insostenibile. A quel punto i governi sono costretti a scelte dolorose tra le loro ambizioni fondamentali, tra pensioni e difesa, tra preservare il modello sociale e finanziare la transizione verde. Inoltre la crescita è essenziale per affrontare le nuove esigenze sociali, politiche, economiche di sicurezza che si presentano continuamente”, ha evidenziato ancora.

I giovani in Italia e in Europa, ha concluso, “devono pretendere di avere le stesse condizioni che permettono ai loro coetanei di aver successo in altre parti del mondo e combattere gli interessi costituiti che si oppongono. I loro successi cambieranno la politica più di qualunque discorso o rapporto e costringeranno regole e istituzioni a cambiare”. 

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