Le retribuzioni monetarie crescono quest’anno più velocemente dei prezzi con un +2,9% di quelle pro capite atteso a fine anno ma resta ancora un gap da colmare rispetto all’inflazione registrata dopo la pandemia. Lo sottolinea l’Istat nel Report sulle prospettive per l’economia italiana nel 2025 e 2026 secondo il quale nel complesso “le retribuzioni contrattuali in termini reali a settembre 2025 risultano inferiori dell’8,8% rispetto ai livelli registrati a gennaio 2021”.
“In generale, nel terzo trimestre del 2025, si legge, la crescita tendenziale delle retribuzioni contrattuali – si legge nel report – ha mostrato un rallentamento rispetto al trimestre precedente, pur mantenendosi al di sopra del tasso di inflazione. La decelerazione della dinamica salariale è causata dalla sostanziale stabilità nei servizi privati e dal significativo rallentamento nel settore industriale, compensata solo in parte dalla lieve accelerazione nel comparto pubblico, a seguito dell’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale”.
“In questo quadro caratterizzato da una domanda di lavoro ancora vivace, si legge, le retribuzioni lorde pro capite hanno continuato a mantenere una dinamica positiva nei primi tre trimestri dell’anno, pur se in rallentamento su base tendenziale. Nel quarto trimestre ci si attende una variazione congiunturale meno dinamica rispetto al trimestre precedente; il 2025 chiuderebbe con una crescita delle retribuzioni pro capite del 2,9%, consentendo come nel 2024 un recupero rispetto all’inflazione. Nel 2026 la crescita delle retribuzioni pro capite è attesa, in media d’anno, in leggera decelerazione (+2,4%), riducendo i margini di recupero del potere d’acquisto perso nel biennio 2022-2023”.
La Cgil: ‘Tra il 2021 e il 2024 i salari privati hanno perso 6400 euro’
I lavoratori dipendenti del settore privato con il picco di inflazione registrato dal 2021 al 2024 hanno perso nel triennio quasi 6.400 euro lordi di potere d’acquisto, valore che si riduce a 5.505 euro in meno se si considerano gli sgravi fiscali e contributivi. Lo si legge nel Rapporto sui salari della Fondazione Di Vittorio presentato oggi secondo il quale sulla base di una retribuzione media annua lorda per il settore privato nel 2021 di 26.660 euro la perdita è stata di 6.399 euro, pari a circa duemila euro l’anno. Nello stesso periodo, i lavoratori pubblici .hanno sopportato una perdita cumulata pari a circa 5.700 euro.
Il Pil 2025 a +0,5%, nel 2026 +0,8%
Il Pil italiano è atteso in crescita dello 0,5% nel 2025 e dello 0,8% nel 2026, dopo essere aumentato dello 0,7% nel 2024: lo scrive l’Istat nel report su “Le prospettive dell’economia italiana”.
L’incremento del Pil, nel biennio verrebbe sostenuto interamente dalla domanda interna al netto delle scorte (+1,1 punti percentuali in entrambi gli anni), mentre la domanda estera netta fornirebbe un apporto negativo (-0,6 e -0,2 p.p.). L’occupazione, misurata in termini di unità di lavoro (ULA), segnerebbe un incremento superiore a quello del Pil (+1,3% nel 2025 e +0,9% nel 2026) accompagnato da un calo del tasso di disoccupazione (6,2% nel 2025 e 6,1% nel 2026).
Lo scenario previsivo per la domanda estera – sottolinea l’Istat – sconta l’ipotesi di un’attenuazione del clima di incertezza relativo all’indirizzo della politica commerciale statunitense e di una stabilizzazione della domanda internazionale, accompagnata dal proseguimento di una moderazione delle quotazioni delle materie prime energetiche.
Si prevede un incremento della crescita dei consumi privati seppure a ritmi moderati (+0,8% e +0,9% nel 2025 e 2026) a seguito della crescita delle retribuzioni e dell’occupazione nonché, nel 2026, da una riduzione della propensione al risparmio e del deflatore della spesa delle famiglie residenti.
L’aumento degli investimenti, in forte accelerazione nel 2025 (+2,8%, dal +0,5% del 2024), proseguirebbe con un certo dinamismo anche nel 2026 (+2,7%), favorito dal completamento delle opere previste dal Pnrr.
Dopo la discesa dei prezzi nel corso del 2025, nel 2026 ci si attende un ulteriore rallentamento della dinamica inflazionistica, favorito dal calo dei listini dei beni energetici e da una stabilizzazione della crescita della domanda su ritmi moderati. La dinamica del deflatore della spesa delle famiglie residenti nel 2025 sarebbe in linea con tali andamenti (+1,7%), con una nuova riduzione nel 2026 (+1,4%).
Riproduzione riservata © Copyright ANSA
