Washington cambia rotta, dà l’ennesima spallata all’Europa e Mosca si allinea. La nuova strategia di sicurezza nazionale della presidenza Trump, che parla di rischio “cancellazione della civiltà” per il Vecchio Continente, è “coerente” con la visione del Cremlino e può garantire un “lavoro costruttivo” con gli Usa sulla soluzione ucraina.
Quanto affermato dal portavoce di Vladimir Putin, Dmitry Peskov, fa il paio con le parole del figlio maggiore del tycoon sulla possibilità che gli Usa si defilino nel sostegno a Kiev: “Non siamo gli idioti che firmano assegni”, ha detto Donald Trump Jr alludendo alla fine degli aiuti militari. E, per non essere frainteso, ha rincarato la dose sostenendo che Trump senior potrebbe abbandonare il processo di pace. E in fondo farebbe anche bene nell’ottica del baby tycoon, dal momento che – nelle sue parole – l’Ucraina è molto più corrotta della Russia e che il presidente Volodymyr Zelensky sta prolungando la guerra perché è consapevole che se finisse non vincerebbe le elezioni.
L’attacco frontale arriva dopo il dialogo di Zelensky con Steve Witkoff e Jared Kushner e proprio alla vigilia della visita del leader ucraino a Downing Street, dove incontrerà di persona il primo ministro britannico Keir Starmer, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Friedrich Merz. Non ci sarà la prima ministra italiana Giorgia Meloni che però ha fatto sapere di aver sentito il leader ucraino, spiegando che lo ospiterà nei prossimi giorni a Roma.
Zelensky, Starmer, Macron e Merz avevano già partecipato a una riunione virtuale della “coalizione dei volenterosi” circa due settimane fa, durante la quale erano stati discussi i piani per fornire una forza di pace europea che potrebbe essere dispiegata in Ucraina in caso di cessate il fuoco. A sfilarsi, come sempre, Viktor Orban che accusa i leader europei di spingere il continente “pericolosamente vicino” al conflitto ed elogia Trump come un presidente che “odia davvero la guerra”.
Nel frattempo i negoziati a Miami tra la delegazione statunitense e quella americana a Miami hanno portato sì a “progressi”, ma anche all’ammissione che senza un reale impegno di Mosca non ci potrà essere alcun accordo. Il nodo principale, oltre al controllo della centrale di Zhaporizhia, é quello dei territori, come ricorda anche l’inviato speciale uscente del presidente Trump, Keith Kellogg, pur affermando che l’accordo per porre fine alla guerra è “davvero vicino”.
La Russia attualmente controlla il 19,2% dell’Ucraina, inclusa la Crimea che ha annesso nel 2014, l’intera regione di Lugansk e oltre l’80% di Donetsk. Mosca vorrebbe che Kiev lasciasse anche quel 20% ancora sotto il suo controllo e per questo da oltre un anno sta cercando di conquistare, senza successo, lo snodo di Pokrovsk, che gli aprirebbe le porte della regione.
Più vanno avanti i negoziati, più la Russia aumenta la pressione anche con l’offensiva aerea. Nella notte tra sabato e domenica Mosca “ha lanciato un attacco combinato contro infrastrutture critiche in Ucraina” utilizzando “5 missili balistici e 241 droni di vario tipo”, ha riferito l’aeronautica di Kiev. Nei raid sono stati utilizzati “tre missili aerobalistici Kh-47M2 Kinzhal e due missili balistici Iskander-M/KN-23”: 65 droni d’attacco hanno colpito obiettivi in 14 località, ha spiegato l’aeronautica.
Un’offensiva che si va ad aggiungere a quelle degli ultimi giorni del Cremlino che, secondo il resoconto di Zelensky, solo questa settimana avrebbe lanciato oltre 1.600 droni d’attacco, circa 1.200 bombe aeree guidate e quasi 70 missili di vario tipo contro l’Ucraina. Non senza conseguenze: nelle ultime ore tre persone sono state uccise e dieci sono state ferite in un bombardamento sulla regione di Kharkiv che ha colpito i distretti di Kupiansk e Chuhuiv, un’altra è morta nel Kherson. Di pace, però, ancora non si parla.
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