Aumentano le aggressioni ai sanitari (+5,5%), ogni Asl ha subito 116 casi di violenza – Sanità – Ansa.it

Aumentano le aggressioni ai sanitari (+5,5%), ogni Asl ha subito 116 casi di violenza – Sanità – Ansa.it


Nell’ultimo anno, le aziende sanitarie italiane hanno registrato un incremento del 5,5% degli episodi di aggressione ai danni del personale, consolidando una tendenza già osservata negli ultimi anni.

In media, ogni azienda ha subito 116 episodi di violenza in un solo anno. In occasione della Giornata contro la violenza sugli operatori sanitari, la Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere ha presentato a Pisa i risultati di una survey: emerge il senso di diffusa delegittimazione del Servizio sanitario nazionale percepito in modo unanime dalle aziende sanitarie italiane.

Per otto Asl su dieci, alla base della violenza verbale e fisica ci sono soprattutto l’eccesso di pressione su pronto soccorso e ospedali, insieme alla perdita di fiducia nel Ssn e le notizie su media e social network concentrate prevalentemente sulla malasanità. Un clima di sfiducia e tensione che, secondo Fiaso, rende ancora più urgente incrementare le politiche di prevenzione e protezione a tutela degli operatori. Eppure, nonostante questo scenario preoccupante, le aziende sanitarie hanno reagito.

Tutte le Asl hanno infatti attivato programmi di sensibilizzazione e formazione per il personale. Tra le iniziative più efficaci si segnalano i programmi di comunicazione con l’utenza e il rafforzamento del coordinamento con le forze dell’ordine, che hanno dimostrato un impatto positivo nella gestione delle situazioni critiche. Potenziati anche i sistemi di tutela a partire dall’assistenza legale – fornita da sei aziende su dieci – e dagli interventi di tipo organizzativo quali il cambio di reparto, l’installazione dei pulsanti di sicurezza e blocco delle porte, ma anche i percorsi di riabilitazione psicologica.

Video Corsi di difesa contro le aggressioni in corsia

 

   

il 98% degli operatori dei servizi di emergenza subisce violenza

Il 98% degli operatori sanitari nell’ambito dei servizi di emergenza ha subito una qualche forma di aggressione durante il lavoro,

e per un’analoga percentuale di operatori la violenza contro medici e altri operatori ‘uccide’ le cure, danneggia i cittadini, causa un peggioramento delle cure, riduce empatia e capacità di ascolto a discapito dei pazienti. E’ quanto emerge da un’indagine presentata a Pisa nel corso di un incontro, dedicato a Barbara Capovani, la psichiatra aggredita ed uccisa all’uscita dal lavoro nell’aprile 23, organizzato da SIMEU – Società Italiana di Medicina d’Emergenza Urgenza, congiuntamente a FIASO in collaborazione con AOUP, dal titolo “Curiamo la fiducia tra cittadini e SSN”, in occasione della Giornata Nazionale di Educazione e Prevenzione Contro la Violenza sugli Operatori Sanitari e Socio-Sanitari.

La SIMEU ha condotto un sondaggio tra i professionisti MEU sulla violenza agli operatori sanitari di Pronto Soccorso e Emergenza Pre-Ospedaliera. Hanno riposto circa 500 professionisti, dei quali il 70% medici, il 28% infermieri e il 2% operatori socio-sanitari. Ne risulta che la violenza produce un peggioramento della qualità delle cure, e la fuga dei professionisti della salute.

“La survey evidenzia una situazione grave perché il 98% degli operatori italiani dell’emergenza-urgenza ha ricevuto un qualche tipo di aggressione durante la sua carriera, che è stata una violenza fisica nel 54% degli intervistati – spiega Alessandro Riccardi, Presidente nazionale SIMEU -. Emergono inoltre alcuni scenari allarmanti, perché se il 10% degli intervistati abbandonerebbe immediatamente il sistema dell’emergenza-urgenza se ne avesse la possibilità nel 90% delle risposte la causa degli abbandoni risiede in un ambiente lavorativo gravato da questioni non proprie dell’emergenza-urgenza, come gli accessi non urgenti”. Infine Riccardi sottolinea che “quando un cittadino aggredisce anche solo verbalmente un operatore, non fa altro che danneggiare se stesso”. Il 64% dei professionisti dichiara infatti di aver cambiato il proprio atteggiamento nei confronti dei pazienti come reazione al fenomeno. Per l’88% la soluzione risiede nel miglioramento del servizio, oltre che nello sviluppo di una comunicazione efficace ai cittadini, centrata sul valore e sulla complessità del servizio stesso”.

Video Medici e violenza, il ciclo dell’aggressivita’ in una tesi di laurea

 

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