“Continueremo a lavorare ogni giorno per garantire il suo rilascio. Continueremo a denunciare e a imporre costi per i terribili tentativi della Russia di utilizzare gli americani come merce di scambio. E continueremo a resistere con forza a tutti coloro che cercano di attaccare la stampa o di prendere di mira i giornalisti, i pilastri della società libera”: Joe Biden rinnova il suo impegno per liberare il giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich, nel primo “doloroso” anniversario della sua “ingiusta ed illegale detenzione” in Russia per spionaggio e a sette mesi dalle elezioni americane. Un impegno esteso anche all’ex marine Paul Whelan (16 anni per spionaggio) “e a tutti gli americani tenuti ostaggi o ingiustamente detenuti all’estero”. “Il giornalismo non è un crimine, ed Evan era in Russia per svolgere il suo lavoro di reporter, rischiando la sua sicurezza per far luce sulla verità della brutale aggressione della Russia contro l’Ucraina”, ha sottolineato il presidente.
Una voce, quella di Biden, che suggella un vasto coro di solidarietà, condanne e appelli. A partire da quelli del Wsj, che ha reso omaggio al suo giornalista nella sua edizione cartacea lasciando gran parte della prima pagina bianca sotto l’eloquente titolo di apertura ‘La sua storia dovrebbe essere qui. Un anno di prigione russa. Un anno di storie rubate, gioie rubate, ricordi rubati. Il reato: giornalismo’. Gli unici articoli in prima riguardano Gershkovich, gli altri ostaggi Usa e le minacce dei regimi autoritari alla libera stampa. In questi 12 mesi la testata ha fatto di tutto per tenere viva la vicenda, promuovendo varie iniziative (oggi l’invito a postare con l’hashtag #IStandWithEvan), tenendo una rubrica aggiornata, pubblicando commenti e lettere dei lettori. O ai lettori. Come quelle della direttrice Emma Tucker e della famiglia del reporter. Tucker ha sottolineato come quello di Gershkovich sia anche un esempio delle crescenti minacce alla libera informazione, con un record di oltre 520 giornalisti detenuti in tutto il mondo. “Continueremo a combattere”, hanno promesso i familiari del reporter, confessando però di aver vissuto questi 12 mesi “col fiato sospeso”.
“Le persone non sono merce di scambio. La Russia dovrebbe porre fine alla pratica di detenzione arbitraria di individui come leva politica e dovrebbe rilasciare immediatamente Evan e Paul”, è stato il monito del segretario di Stato Antony Blinken.
Putin sta “ripristinando il controllo in stile sovietico attraverso la repressione in patria e l’aggressione all’estero”, gli hanno fatto eco i 4 leader del Congresso in un rara nota bipartisan.
Anche se si continua a lavorare ad uno scambio di prigionieri, come ha ribadito la Casa Bianca, la strada non pare né breve né in discesa dopo la recente proroga sino a giugno della detenzione del reporter. Difficilmente Putin regalerà a Biden un successo prima delle elezioni, a meno che non ottenga un altro successo da sbandierare. Come è successo con la cestista Brittney Griner, scambiata col pericoloso trafficante d’armi russo Viktor Bout. Ora l’ex ufficiale del Kgb rivuole uno dei suoi, Vadim Krasikov, presunto 007 russo condannato e detenuto in Germania per l’assassinio nel 2019 in pieno giorno a Berlino di un ex comandante ceceno indipendentista. La trattativa implica quindi anche il coinvolgimento di un Paese terzo. Nel frattempo in un carcere russo, tanto più se si tratta del famigerato Lefortovo, dove Gershkovich è rinchiuso 23 ore al giorno in una cella minuscola, può succedere di tutto. Come dimostra il caso Navalny, morto in circostanze sospette alla vigilia di un presunto scambio di detenuti mediato dall’oligarca Roman Abramovich.
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