Calabria, Campania e Guyana francese prime regioni in Europa per rischio povertà – Notizie – Ansa.it

Calabria, Campania e Guyana francese prime regioni in Europa per rischio povertà – Notizie – Ansa.it


C’è un’Europa che corre spinta dalla crescita e un’altra che arranca, sospesa tra redditi diseguali e prospettive incerte. Una linea profonda che taglia in due anche l’Italia. Il Mezzogiorno – nella nuova fotografia scattata da Eurostat – si conferma tra le aree più vulnerabili del continente: la Calabria, con un tasso di rischio di povertà o esclusione sociale del 48,8%, e la Campania (43,5%) sono in cima alla regioni più esposte, superate soltanto dalla Guyana francese (59,5%) e in linea con le città autonome spagnole di Melilla (44,5%) e Ceuta (42,2%).

Nel Sud dello Stivale, quasi una persona su due vive in condizioni di precarietà economica o sociale. Tanto che anche Sicilia (40,9%) e Puglia (37,7%) superano la soglia critica del 33%, considerata dall’istituto di statistica Ue indice di rischio sistemico. Un quadro che trova eco in tutto il continente: nel 2024 oltre 93 milioni di europei vivevano a rischio povertà o esclusione, con 25 territori dove almeno un terzo della popolazione risulta vulnerabile, soprattutto nel fianco meridionale dell’Ue – Grecia, Bulgaria, Spagna e Romania – e nei territori d’oltremare francesi. La fragilità, però, a sorpresa non sembra risparmiare neppure l’Europa più prospera con le insospettabili Bruxelles e Brema che rientrano tra le aree in difficoltà.

All’estremo opposto, 26 regioni europee mostrano tassi di rischio inferiori al 12,5%: in cima brilla la Provincia autonoma di Bolzano, con appena il 6,6% di persone a rischio, il dato più basso dell’intera Unione. Il mosaico di vulnerabilità si alimenta di occupazione bassa, salari stagnanti e un welfare troppo debole per ridurre le disuguaglianze. Alla radice restano la mancanza di lavoro e la questione salariale. Un contesto davanti al quale risuona anche il richiamo del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che nei giorni scorsi ha ricordato come la quota globale di reddito da lavoro sia calata sensibilmente dal 2014 al 2024.

“Alla robusta crescita dell’economia seguita al Covid non è corrisposto l’aumento dei salari reali”, ha osservato il capo dello Stato, evidenziando anche gli “squilibri nelle retribuzioni” e l’abuso dei “contratti pirata”. Disparità che i dati di Eurostat diffusi a settembre confermano anche sul piano geografico, riproponendo la frattura nel nostro Paese: un Nord con tassi di lavoro superiori alla media europea – Bolzano, Valle d’Aosta, Trento, Toscana e Veneto ne sono l’emblema – e un Sud lontano: Calabria (48,5%), Campania (49,4%) e Sicilia (50,7%) restano le regioni con i livelli d’occupazione più bassi dell’Ue, contro una media del 75,8%. L’Italia registra così lo squilibrio territoriale più ampia nei Ventisette: tra Bolzano (che sfiora l’80%) e la Calabria il divario supera i 30 punti. Una distanza a cui si aggiunge quella di genere: in Puglia, Campania e Basilicata la differenza tra uomini e donne al lavoro oltrepassa i 29 punti. A fare peggio soltanto la Grecia.

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