Il campo largo sbarca ad Atreju e scalda la platea dei militanti di FdI. Tra applausi (pochi), selfie e qualche contestazione. Giuseppe Conte e Matteo Renzi infiammano la kermesse. Dove arrivano anche Angelo Bonelli, Carlo Calenda e Riccardo Magi. Manca, però, la segretaria del Pd Elly Schlein. Che rinuncia al confronto a tre proposto dalla premier con il leader 5 Stelle. E sul palco, non si fa a meno di rimarcarlo.
La deputata meloniana Augusta Montaruli presenta l’intervista a Conte come “uno dei momenti più attesi” della kermesse. Poi l’affondo diretto alla leader dem: “Noi abbiamo smontato ad uno ad uno tutti i provvedimenti del governo Conte. Ma c’è chi viene ad Atreju e chi scappa, rendiamo merito al coraggio al presidente del M5S perché evidentemente è forte delle sue idee”. La platea applaude con forza. Ma non è indulgente. Né con il leader pentastellato né con il leader di Iv, che fanno salire la temperatura in sala. L’uno attacca Meloni sulla politica estera, l’altro va allo scontro sulle riforme.
Più di qualche grido di dissenso si alza quando Conte parla di una Meloni “genuflessa a Washington”. Il presidente, però, non si scompone per l’interruzione. “Non vorrei rompere il clima di festa, ma se volevate sentire altra musica, quella che sentite tutti i giorni non dovevate invitarmi”, dice rivolgendosi alla platea. Qualche applauso invece, si registra quando Conte interviene sul Superbonus, chiamando in causa l’ex premier Mario Draghi. “Da quando è iniziata questa Commissione Covid, non ho mai sentito nominare il nome di Draghi. Avete un problema con Draghi? L’obbligo vaccinale e il green pass sono stati introdotti dal governo Draghi, non da me”.
Al termine dell’intervista, la platea lo saluta con un applauso. Poi, Conte non rinuncia a un giro tra gli stand della kermesse, dove si concede anche a qualche selfie con i militanti di FdI. Incalzato sull’assenza di Schlein, getta la palla nel campo dell’avversario. “C’è anche una sedia vuota importante qui, – spiega – Giorgia Meloni la padrona di casa, aveva esteso l’invito anche a me, poteva esserci lei da buona padrona di casa”. E non si tira indietro su un possibile futuro confronto a tre con la premier: “sono sicuro che verrà un giorno in cui lo faremo”. E sul palco non rinuncia a portare i nodi ancora aperti nel centrosinistra in vista delle politiche del 2027. “Noi non siamo alleati con nessuno”, sottolinea Conte. Che avvisa: “Se verrà fuori un’alleanza con il Pd dipenderà solo dai programmi, se ci verranno scritte le nostre battaglie di sempre, dall’etica pubblica alla legalità”. Il leader dà appuntamento all’autunno per scegliere i criteri per individuare il “candidato premier più competitivo” del campo largo, solo al termine del “cantiere” 5S sul programma.
Sul futuro del centrosinistra, invece, non indugia Renzi. Che sceglie di non insistere sul rifiuto della segretaria dem. “È una questione che riguarda Meloni e Schlein”, glissa. “Ognuno ha il suo stile, quando ero presidente del Consiglio ho dialogato con Meloni che aveva allora il 3%”, precisa a margine. Prima di lanciarsi sul palco in un duello senza esclusione di colpi sulle riforme con i ministri Elisabetta Casellati e Roberto Calderoli.
Botta e risposta che alza la temperatura in sala, costringendo il responsabile organizzazione di FdI Giovanni Donzelli e il ministro Guido Crosetto a intervenire per porre fine alle ostilità. Il titolare della Difesa, scherzando, prende in braccio di peso Renzi per portarlo via da uno scontro con Casellati che prosegue anche a dibattito concluso. “Sulla Nato, sull’euro e sulle trivelle non abbiamo mai cambiato idea”, provoca Renzi. Che accusa: “Meloni era per abolire le Regioni”.
Parla della riforma dell’autonomia come la “porcata di Calderoli”, che “è ancora nel libro dei sogni”. Calderoli si scalda e risponde a tono: “Dici una cosa e ne fai un’altra”. La battaglia è anche sul premierato con Casellati, che risponde punto per punto alle critiche dell’ex premier. ” Mi sono divertito”, commenta poi Renzi, orgoglioso di aver attaccato nella tana del lupo “senza sconti”. “Perché se mi invitano a un evento io vado a dire la mia a viso aperto, non a fare la bella statuina. Possono fare quattro contro uno quanto vogliono, io non rinuncio a sostenere le mie idee, mai”, scrive sui social.
Intanto, l’ex alleato del Terzo Polo, Carlo Calenda difende la sua linea ‘centrista’ in un panel con il ministro Adolfo Urso. “Mi dicono che faccio la stampella del governo. Io sono all’opposizione – spiega – ma metto davanti l’interesse nazionale e voto ogni cosa che ritengo giusta”. E infine lancia l’alert a FdI: “diffidate dai punisti come Salvini”.
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