Cinquanta anni fa moriva Franco, la Spagna fra revisionismo e amnesia – Notizie – Ansa.it

Cinquanta anni fa moriva Franco, la Spagna fra revisionismo e amnesia – Notizie – Ansa.it


   Implacabile, sfuggente, trasformista. Il 20 novembre 1975 moriva dopo una lunga agonia Francisco Franco, il dittatore meno conosciuto del XX secolo, come afferma lo storico Paul Preston nella biografia ‘Franco, caudillo de España’ (1993, Harper Collins).

  Paragonato in vita dagli agiografi a Cesare, al Cid o a Napoleone, il “Jefe de Estado davanti a Dio e alla Patria” sopravvisse alla II Guerra Mondiale e alla Guerra fredda, grazie ai tortuosi rapporti con Hitler, Mussolini, Churchill, Roosevelt o Eisenhower. Ma la fine del suo regime quasi quarantennale – costruito su almeno 200.000 vittime della Guerra civile (1936-1939) e della repressione – nonostante l’investitura del re Juan Carlos I appena due giorni dopo (il 22 novembre) a capo dello Stato, educato dal ‘caudillo’ per la successione, arrivò solo al termine di un complesso processo di transizione, culminato con la Costituzione democratica del dicembre 1978.

    Mezzo secolo dopo, la Spagna commemora il ritorno alla libertà e l’inizio del periodo più prospero della sua storia recente fra revisionismo, amnesia e polemiche. Un 17% dei giovani, secondo il centro di ricerche sociologiche statale Cis, ritiene la democrazia “peggiore” o “molto peggiore” della dittatura franchista, che non hanno mai vissuto. Una percentuale che schizza al 61% fra gli elettori degli ultraconservatori di Vox.

    Gruppi di nostalgici del regime, assieme alla Fundacion Nacional Francisco Franco – su cui è aperto un procedimento di sciogliemento – preparano eventi per commemorare la morte del ‘caudillo’. Saranno in concomitanza con un vertice a Madrid di organizzazioni nazionaliste europee dell’ultradestra, fra cui l’Alleanza per la Pace e la Libertà (Apf), annunciato per il 23 novembre con lo slogan ‘Europa, una, grande e libera'”. In mezzo, venerdì 21 novembre, re Felipe VI presiederà al Congresso dei deputati un atto istituzionale, a cui non è stato invitato Juan Carlos, da un lustro auto-esiliato ad Abu Dhabi e protagonista di recenti polemiche anche per la pubblicazione in Francia della sua biografia ‘Reconciliacion’, in cui non lesina lodi a Franco.

    Con lo slogan ‘Spagna in libertà. 50 anni’, anche il governo progressista ha promosso una serie di eventi per commemorare l’anniversario. Per il premier Pedro Sanchez, infatti, “la democrazia non è caduta dal cielo” in Spagna, ma “è stata il frutto della lotta degli spagnoli e delle spagnole, della gente comune, dei pedoni della storia”. Tali iniziative hanno suscitato la reazione irata di Vox e di frange del Partido Popular, sempre più frontalmente contrari anche alla legge per la Memoria Democratica promossa dai socialisti, volta a “riparare il debito storico” verso le vittime del regime, che le destre credono invece contengano un tentativo di riscrivere la storia in chiave ideologica.

    In questi giorni in cui Franco resuscita sulle prima pagine dei quotidiani, spicca l’articolo di El País dello scrittore Javier Cercas, dal titolo “Nulla da celebrare”. L’autore di ‘Anatomia di un istante’ afferma che “morto Franco, non è finita la rabbia” e propone una riflessione sul presente. La memoria della transizione alla democrazia, dice, è ancora oggi divisa tra “una versione rosa”, sostenuta “dall’estrema destra e da molti protagonisti del periodo”, che dipinge quella fase storica come “periodo di concordia senza spaccature fra élites esemplari”, e una “versione nera” sostenuta “da estrema sinistra e secessionisti”, secondo cui fu “un ignobile lavaggio di facciata” del regime franchista. “Non è necessario aggiungere che entrambe le versioni sono false”, conclude Cercas. A suo avviso, seppure imperfetta la democrazia “ha portato ai migliori cinquant’anni della Spagna moderna”.
   

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