Rinchiuso in un carcere a Cuba da 14 anni lancia un appello alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni per gridare la sua innocenza: “sono condannato per un omicidio ma non ero sull’isola in quel momento e ora ho le prove”. A scrivere alla premier è Simone Pini, fiorentino detenuto dal 2010 a La Condesa, come riporta l’edizione locale de La Nazione, condannato a 25 anni per la morte di una ragazzina, insieme ad altri due italiani, in conseguenza di un incontro a luci rosse, ma sin dal suo arresto, avvenuto il 30 giugno del 2010, lui si è sempre professato estraneo a quelle accuse.
“Oggi ho 56 anni, ho così trascorso fino a oggi 14 anni e due mesi scomparso dentro un campo di concentramento cubano con delle false infamanti accuse di un assassinio inventato dalle autorità cubane, fatto accaduto in una data dove mi trovavo a Firenze, in Italia, con la mia famiglia natale”. “Adesso quelle prove le ho in mano anche io” e “attualmente quei dati così importanti sono pure in Italia”, spiega nella lettera perché grazie a una riforma della Costituzione cubana, entrata in vigore nel 2022, ogni cittadino ha diritto ad accedere ai propri dati personali. Pini è entrato in possesso dei propri flussi migratori che certificano che, il giorno dell’omicidio, era in Italia e non sull’isola, dove sbarcherà invece 11 giorni dopo. Dati che Pini ha consegnato anche all’ambasciata italiana. Una prova che invece, al processo, non è mai riuscito a produrre. Pini chiede l’intervento di Meloni per far rientro in Italia.
“A Cuba – spiega ancora – esiste una legge per detenuti stranieri non residenti che prevede la loro libertà condizionale e la loro espulsione dal territorio cubano al compimento della metà della loro pena quando il reo ha i requisiti del buon comportamento. Detto beneficio ci è stato negato più volte senza un solo motivo plausibile”.
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