Gli Stati Uniti non vogliono rischiare una nuova crisi del cessate il fuoco a Gaza come quella degli scontri di Rafah della scorsa settimana. Così, accanto al lavoro del comitato Cmcc istituito nel sud di Israele – dove sono arrivati anche i primi diplomatici e un generale dall’Italia – gli Usa hanno iniziato a operare con droni di sorveglianza sopra la Striscia, come occhi per assicurarsi che Israele e Hamas rispettino il cessate il fuoco, che intanto resta fragile.
L’Idf ha infatti rivendicato di aver condotto un raid con droni a Nuseirat, nel centro della Striscia, prendendo di mira un agente della Jihad islamica palestinese che stava pianificando un “attacco imminente” contro le truppe. Secondo i media palestinesi, una persona è stata uccisa e altre sono rimaste ferite. La mossa di utilizzare droni americani su Gaza, giudicata dagli esperti quantomeno sorprendente, potrebbe suggerire una mancanza di trasparenza nei rapporti tra Israele e Stati Uniti.
Una trasparenza che intanto è certamente assente sul terreno di Gaza: secondo un’inchiesta esclusiva di Sky News, Israele sta sostenendo quattro milizie nella Striscia per combattere Hamas, come parte di un progetto comune per rimuovere il gruppo palestinese dal potere e instaurare una ‘Nuova Gaza’ sotto la presa dello Stato ebraico. Secondo l’inchiesta, tutti i gruppi operano in aree ancora sotto il controllo israeliano dietro la Linea Gialla.
“Abbiamo un progetto ufficiale: io, Abu Shabab, Halas e al Mansi”, ha detto a Sky News il leader della milizia Hossam al Astal, elencando i tre leader di altrettanti gruppi armati nell’enclave. “Presto otterremo il pieno controllo della Striscia e ci riuniremo sotto un unico ombrello”, rivela il miliziano. Gli israeliani “non ci attaccano e noi non attacchiamo loro”, è l’accordo. Secondo Al Astal, le sue armi vengono acquistate sul mercato nero da ex combattenti di Hamas. Munizioni e veicoli, invece, vengono consegnati attraverso il valico di frontiera di Kerem Shalom, previo coordinamento con l’esercito israeliano.
E da Israele arrivano anche forniture come medicine e cibo, da distribuire nei territori sotto il loro controllo. Quanto svelato dall’inchiesta è solo uno dei tanti risvolti di una situazione, quella all’interno dell’enclave, che resta confusa e oscura. Nonostante la tregua, la Striscia resta infatti esclusa da forme di monitoraggio indipendente, a partire da quello dei media stranieri. Anche per questo gli Stati Uniti, seppure stretti alleati di Israele, accettano con riserbo le affermazioni dello Stato ebraico sull’attuale situazione a Gaza. Da qui, la decisione di inviare i droni di sorveglianza.
“Se ci fosse totale fiducia tra Israele e gli Stati Uniti, non ce ne sarebbe bisogno”, è la lettura al Nyt di Daniel B. Shapiro, ex ambasciatore Usa in Israele sotto la presidenza Obama e inviato speciale in Israele per l’Iran sotto Biden. “Ma ovviamente gli Stati Uniti vogliono eliminare qualsiasi possibilità di incomprensione”. E’ in questa direzione che va anche la serie di visite americane in Israele, fino all’ultima del segretario di Stato Marco Rubio.
Secondo diversi funzionari dell’amministrazione Trump, interpellati dal Nyt, a Washington vi era preoccupazione che il premier israeliano Benjamin Netanyahu potesse in qualche modo far saltare l’accordo. Ora, Marco Rubio ha parlato di “ottimismo” sui progressi del piano. Ma mancano ancora dei tasselli fondamentali: sono ancora 13 i corpi degli ostaggi che devono essere restituiti da Israele. Tanto che, stando al Times of Israel, il governo Netanyahu ha ceduto autorizzando l’ingresso di un team egiziano nell’enclave per localizzare i cadaveri. Intanto, Israele insiste sul completo disarmo di Hamas che attualmente rimane lontano. T
emi sicuramente affrontati nel colloquio tra Donald Trump, l’emiro e il premier del Qatar, a bordo dell’Air Force One durante lo scalo del presidente americano nella base aerea di Al Udeid, prima di proseguire il viaggio verso la Malesia per il vertice Asean. Doha è tra i garanti del fragile accordo di pace, insieme a Egitto, Stati Uniti e Turchia. Questa settimana, l’emiro del Qatar ha ospitato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan per discutere i delicati passi successivi dell’accordo, mentre Israele preme per escludere Ankara dal futuro della Striscia. Ma “dalla Siria a Gaza, dal Golfo al conflitto tra Russia e Ucraina, non c’è equazione senza la Turchia”, è il monito lanciato nelle ultime ore dal leader turco.
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