E’ sfida all’ultimo voto Wilders-Jetten, rebus governo  – Europa – Ansa.it

E’ sfida all’ultimo voto Wilders-Jetten, rebus governo  – Europa – Ansa.it


La lunga notte elettorale nei Paesi Bassi non è ancora finita. Il giorno dopo il trionfo inatteso del golden boy dei liberal-progressisti Rob Jetten e la frenata del sovranista Geert Wilders, la realtà appare più sfumata: un “fotofinish”, nelle descrizioni dei media olandesi, per un Paese che non aveva mai conosciuto un equilibrio tanto sottile. Tutti gli occhi sono ora puntati sui 135mila olandesi all’estero: circa 90mila hanno votato e, con ogni probabilità, saranno le loro schede – non prima di lunedì – a decidere chi sarà, tra i Democratici 66 e il Partito per la libertà (Pvv), il gruppo “più grande” ricevendo dal re l’incarico esplorativo per formare il nuovo governo.

   Con il 99% dei voti scrutinati, Jetten è avanti di appena 15mila voti. Ma il duello con Wilders resta appeso a un pugno di consensi: 26 seggi ciascuno, secondo proiezioni che, già all’alba, hanno limato gli exit poll con scostamenti minimi ma determinanti per le future alleanze. Per tutta la giornata, a L’Aja, gli operai comunali smontano i cartelloni elettorali. I volti dei protagonisti sono però destinati ad animare ancora a lungo il dibattito. Tra veti incrociati, rivendicazioni di primato e nuovi equilibri da costruire, i Paesi Bassi entrano nella fase più delicata. “Se saremo il partito più grande, il Pvv prenderà l’iniziativa per formare una coalizione. Finché non ci sarà chiarezza al 100% sull’esito elettorale, nessun esploratore del D66 potrà partire”, ha subito messo in chiaro Wilders su X, rinfrancato da risultati migliori dei primi exit poll. I numeri tuttavia fanno emergere una tendenza chiara: il D66 di Jetten guadagna 17 seggi rispetto al 2023, firmando un’ascesa storica per il partito, mentre il Pvv ne perde 11 rispetto al trionfo di due anni fa. Alle loro spalle, la frammentazione potrebbe spostare l’ago della bilancia tanto verso il centro progressista quanto a destra. I liberali conservatori del Vvd, ormai orfani di Mark Rutte e guidati da Dilan Yesilgoz, restano terzi con 22 seggi, indispensabili in quasi ogni formula di governo. Nel campo moderato, il Cda di Henri Bontenbal è artefice di una rimonta significativa, passando da 5 a 18 seggi. Mentre avanzano le nuove destre: i conservatori del JA21 (a Bruxelles nel gruppo dell’Ecr) salgono a 9 (dall’unico seggio attuale) e il Forum per la democrazia del populista Thierry Baudet raddoppia la propria presenza a 7. Arretra invece il Bbb contadino, fermo a 4.

   Per Wilders – anche facendo affidamento sulla costellazione dei gruppi di destra – il veto del Vvd che in passato lo aveva appoggiato rende un miraggio la soglia dei 76 seggi necessari per governare. Jetten, invece, si trova davanti a un bivio: un’intesa con i laburisti-verdi più spostata a sinistra o un’ampia coalizione di centro. La geometria più plausibile sembra essere l’asse tra D66, Vvd, laburisti-verdi e Cda: un equilibrio che gli analisti descrivono come “un tango a quattro”, ancora tutto da negoziare. A complicarlo, resta il secco no di Yesilgoz a qualsiasi intesa con la sinistra. Il tramonto di Frans Timmermans – quarto con 20 seggi, cinque in meno rispetto al 2023 – potrebbe tuttavia riaprire i canali del dialogo con i liberali di destra. All’interno dell’alleanza rosso-verde è già iniziata la caccia al successore dell’ideatore del Green deal: in pole sembra esserci Jesse Klaver, classe 1986, giovane leader dei Verdi e principale artefice della fusione con i laburisti. Ma la partita progressista ha immediati riflessi europei: “Le elezioni olandesi mandano un segnale incoraggiante a tutta l’Europa. Quando il centro è credibile, i cittadini rispondono”, ha osservato l’eurodeputato Sandro Gozi dando voce a Renew, la famiglia politica che riunisce D66 e Vvd. “L’onda sovranista si ferma nei Paesi Bassi, dove era stata più alta. Una bella giornata per l’Europa”, ha scritto anche l’ex premier Paolo Gentiloni su X, in un messaggio che arriva fino alla sinistra italiana: la sfida ai populismi si gioca al centro.

 

   

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