Zohran Mamdani é già al lavoro.
Archiviata con successo la campagna elettorale, il neo-eletto sindaco di New York ha messo a punto il ‘transition team’ con l’obiettivo di sfruttare al massimo i 50 giorni che mancano al suo insediamento ufficiale, così da non perdere neanche un minuto di tempo nell’iniziare ad attuare il programma. E nel difendere la Grande Mela dalle possibili rappresaglie di Donald Trump.
La squadra del sindaco eletto ha già iniziato, secondo le indiscrezioni, il processo per l’assunzione di 200 legali da schierare in caso di attacchi del presidente, che ha minacciato soprattutto di tagliare i fondi federali a New York. Anche se si dice che dietro le quinte il presidente abbia ammesso come Mamdani sia “una persona scaltra e un buon oratore”. Questo però non sembra abbastanza per allontanare lo spettro di uno scontro fra i due, che molti danno per scontato. Il neosindaco è infatti il volto di quel partito democratico che Trump vorrebbe distruggere. E per Mamdani il presidente è il simbolo di quello strapotere e di quella ricchezza che si è impegnato a combattere.
Trump è uno dei primi e maggiori ostacoli che Mamdani si troverà ad affrontare, insieme alle tensioni che potrebbe avere con la governatrice di New York, Kathy Hochul, che il prossimo anno cercherà la rielezione. Lei si è detta disponibile a lavorare con il sindaco ma, allo stesso tempo, è contraria all’aumento delle tasse sui ricchi che è uno dei tasselli più importanti dell’agenda di Mamdani. Alle difficoltà politiche si aggiungono poi quelle di tutti giorni: appena in carica il neosindaco si ritroverà a essere il manager di 300.000 fra agenti di polizia, insegnanti e lavoratori sociali della città, in un compito risultato complesso anche per tutti i suoi predecessori.
Il team di transizione é composto da sole donne, quasi tutte con una notevole esperienza di servizio pubblico alle spalle.
Fra queste c’è Lisa Khan, la ‘sceriffa’ dell’antritrust di Joe Biden. “Il mio obiettivo in questo momento è trascorrere le prossime settimane di transizione assicurandomi che il primo giorno in carica non sia un giorno di preparazione ma di esecuzione”, ha spiegato Mamdani, prevedendo che nei primi 100 giorni la sua amministrazione adotterà subito misure concrete per affrontare il costo della vita. Il programma si basa sul rendere New York più accessibile a tutti tramite autobus gratis, assistenza universale all’infanzia fra i sei mesi e i cinque anni, affitti congelati, negozi di alimentari controllati dalla città e in grado di offrire prodotti a prezzi convenienti e una tassa del 2% su tutti coloro che guadagnano più di un milione con l’obiettivo di raccogliere 9 miliardi per finanziare la sua agenda.
Il suo programma socialista fa temere – è l’allarme lanciato da Trump e dai critici – una fuga dalla città dei Paperoni. Per il momento i toni accesi da campagna elettorale sono stati accantonati: il miliardario di hedge fund Bill Ackman, che ha attacco duramente Mamdani nei mesi scorsi, si è detto disponibile ad aiutare. Lo stesso ha fatto Jamie Dimon, l’amministratore delegato di JPMorgan, riferendo di avergli lasciato un messaggio in segreteria. Un ramoscello di ulivo che Mamdani, secondo gli osservatori, dovrebbe cogliere per instaurare un dialogo e ampliare la coalizione che l’ha portato a essere il primo sindaco socialista della città. L’agenda progressista – è la tesi – ha infatti bisogno del maggior appoggio possibile per essere realizzata, ed evitare che Mamdani diventi un nuovo Bill de Blasio, l’ex sindaco progressista odiato alla fine del suo mandato dalla maggior parte della città.
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