In Sicilia si incrociano tradizione, storia e mito. Una mescolanza che da secoli conquista i popoli di tutto il mondo, incluso quello di viaggiatori che oggi scelgono di visitare l’isola.
Dalle feluche a Cariddi
Da maggio ai primi di settembre, sullo Stretto di Messina, può capitare di vedere delle barche uniche al mondo, con una lunga passerella e un albero che ondeggia. Si chiamano feluche, e si usano per la pesca tradizionale del pesce spada. Sull’albero c’è un uomo di vendetta che avverte un cacciatore che ha il compito di arpionare il pesce. È un rituale che si realizza proprio in quello stretto dove l’incrocio di due mari provoca vortici capaci di risucchiare persone e cose. Ulisse li conosce bene, perché sono opera di Cariddi. Ed è proprio partendo da questa striscia di mare che si può capire quanto in Sicilia si incrocino tradizione, storia e mito. Una mescolanza che da secoli conquista i popoli di tutto il mondo, incluso quello di viaggiatori che oggi scelgono di visitare l’isola.
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Le radici più antiche, tra archeologia e Barocco
L’archivio di pietra della Sicilia non mente. Racconta la storia millenaria di un territorio che ha vissuto diverse vite, in un itinerario complesso. Già visitando la Necropoli di Pantalica (per non parlare dei Sesi di Pantelleria, un villaggio di capanne di 5000 anni fa) si può cogliere quanto sia antico il fascino di quest’isola e delle sue innumerevoli testimonianze umane.
Ma è forse la Valle dei Templi ad essere l’emblema più riconoscibile della rilevanza di questa regione nell’antichità. Il complesso non è solo un lascito della colonizzazione greca, ma la prova della centralità politica, religiosa e commerciale che l’isola ebbe nel Mediterraneo. Allo stesso modo, Siracusa, tra il teatro greco scavato nella roccia del colle Temenite e l’incombenza dell’epoca romana a ridosso delle testimonianze elleniche, è un luogo che ancora oggi è in grado di parlare al mondo di sé e del suo glorioso passato.
Le dominazioni si sono susseguite nel tempo, in una varietà che si ritrova in pochi altri posti nel mondo. Così, il percorso arabo-normanno a Palermo e provincia racconta come la Sicilia sia mutata in un modo diverso rispetto al resto d’Europa, spesso riproponendo una mescolanza più che una sovrapposizione di stili e idee. Lo si vede nella Cappella Palatina, nel Duomo di Monreale, oppure nella Chiesa di San Giovanni degli Eremiti.
E lo si legge pure nel Barocco siciliano, unico nel suo genere. Le città del Val di Noto, dopo la ferita del terremoto del 1693, si trasformarono completamente. Il caso volle che ciò avvenisse in questo stile, tra facciate concave, balaustre in ferro battuto e maschere grottesche.
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La mitologia nella natura (e non solo)
La storia è come se non avesse fascino, senza un po’ di leggenda. E in Sicilia di quest’ultima ce n’è da vendere, per chi vuole conoscerla. Ogni angolo dell’isola sembra custodire un mito che ne plasma il paesaggio e ne arricchisce il folklore. L’Etna, ad esempio, sbuffa fuoco perché lì sotto c’è Tifone, il gigante ribelle imprigionato da Zeus sotto la montagna e che con i suoi movimenti causa terremoti e con il soffio eruzioni. Se solo potessimo entrare nel cratere principale, scopriremmo poi la fucina di Efesto, il dio fabbro.
Lungo la costa di Aci Trezza, invece, i faraglioni che emergono dal mare (e tanto adorati dai suoi abitanti) sono il risultato di una storia ancora più nota di questa. Non sono altro che i massi scagliati da Polifemo contro Ulisse, dopo essere stato ingannato da lui. Insomma, un frammento dell’Odissea qui incontra la geologia (in realtà si tratta di formazioni legate all’attività vulcanica).
Entrando infine nel cuore dell’isola, c’è un’altra storia da raccontare, che ha profondamente influenzato pure la storia dell’arte. Siamo sul lago di Pergusa, vicino a Enna, dove secondo alcuni è avvenuto il ratto di Proserpina. La figlia di Cerere fu rapita da Plutone mentre raccoglieva fiori sulla riva, e fu da lui portata negli Inferi. La madre riuscì a ottenere di poterla rivedere, ma solo sei mesi l’anno: da qui nascono le stagioni.
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Quando l’arte incontra la tradizione siciliana
Un viaggio nella Sicilia più autentica non può non passare pure dalla scoperta dell’artigianato tradizionale. I Pupi siciliani, ad esempio, con le loro armature e le narrazioni cavalleresche, sono sia il prodotto di secoli di tecniche tramandate da maestro ad allievo che un dispositivo teatrale in grado di narrare vicende risalenti a tempi andati, ma che divertono tuttora.
Ha radici antiche pure la lavorazione del corallo, come quello dell’area di Trapani. Nel corso dei secoli, sculture e gioielli di corallo prodotti in quest’area raggiunsero livelli di raffinatezza tali da essere esportati in tutto il mondo. E di respiro internazionale sono pure le ceramiche di Caltagirone, celeberrime per i loro colori brillanti e le forme sinuose. Le radici qui sono da ritrovare nel mondo arabo e rinascimentale, quando si cominciarono a realizzare oggetti decorativi e architettonici nello stesso stile di quelli che oggi arredano scalinate, chiese e palazzi dell’intera isola.
Infine, non si possono dimenticare i carretti. Su di essi si trova la sintesi dell’identità siciliana, con i suoi colori, lo stile di pittura, l’intaglio, la narrazione epica. Attraverso di essi, sulle strade si portano ancora oggi storie e racconti visivi unici al mondo.
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