Quando lo scooter tentò di svoltare a sinistra, all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta, sbandò e deviò improvvisamente a destra e il carabiniere, alla guida dell’ultima macchina inseguitrice che lo tallonava, se lo trovò in traiettoria. Non poteva sterzare né a sinistra né a destra, altrimenti avrebbe travolto o la moto o un passante.
Tentò di frenare, ma era impossibile a quel punto evitare l’urto e lo schianto finale dei due mezzi verso un palo di un semaforo.
E’ questo, in sintesi, il contenuto della consulenza cinematica depositata alle parti e disposta dalla Procura di Milano sul caso della morte, il 24 novembre, di Ramy Elgaml, il 19enne che era in sella allo scooter guidato dall’amico Fares Bouzidi, inseguito per 8 km dai carabinieri. Una relazione, firmata dall’ingegnere Domenico Romaniello, che in 164 pagine valuta, in sostanza, come corretto il comportamento del militare e attribuisce tutta la responsabilità dell’incidente al 22enne.
L’auto dei militari “si trovava dietro e a destra del motoveicolo in fuga al momento in cui si verificava la deviazione improvvisa ed imprevedibile della traiettoria da parte del motociclista. La pressoché impossibilità – si legge – di poter prevedere una tale manovra ha fatto sì che lo stesso conducente si rendesse conto di ciò unicamente poche frazioni di secondo precedenti l’urto” con la moto, “tempo nel quale è intervenuta la reazione alla situazione di emergenza della intensa azione frenante, ‘costretta’ dalla valutazione, corretta, di non poter sterzare in alcuna direzione”.
A questo punto, se nelle indagini, condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo e coordinate dal procuratore Marcello Viola, dall’aggiunta Tiziana Siciliano e dai pm Giancarla Serafini e Marco Cirigliano, gli inquirenti sono convinti della valutazioni dell’esperto, la posizione del carabiniere, difeso dall’avvocata Arianna Dutto, va verso una richiesta di archiviazione. Per Fares Bouzidi, invece, anche lui iscritto per omicidio stradale, si andrà a chiusura indagini e ad una richiesta di processo. Un secondo procedimento dopo quello già fissato in abbreviato per resistenza a pubblico ufficiale.
Il consulente parla di una “condotta sconsiderata e pericolosa” da parte di Bouzidi, che ha violato più norme del codice della strada. “Opponendosi all’Alt dei Carabinieri – scrive – dava avvio ad un inseguimento anomalo e tesissimo, ad elevatissima velocità lungo la viabilità urbana cittadina, con una guida spregiudicata ed estremamente pericolosa”, “sprezzante del pericolo”. E si è “assunto il rischio delle conseguenze” per Ramy, morto schiacciato tra palo e l’auto.
“Occorre conoscere la verità con trasparenza da fonti attendibili che non trascurino nulla, è doloroso ma la verità è necessaria affinché la sua anima possa riposare nella sua tomba”, ha commentato il papà del 19enne. E mentre nei mesi scorsi si era saputo in Procura che si stava vagliando anche l’ipotesi del dolo eventuale, la relazione di Romaniello è netta sul punto. Dall’analisi “di tutti i video a disposizione in atti”, comprese le “dash cam”, non emerge “mai alcuna intenzione di ‘speronare'”. Ci fu un urto nel rettilineo di via Ripamonti, ma laterale e “non determinante” nella dinamica successiva.
Il carabiniere, si legge ancora, non sterzando a destra quando si è trovato lo scooter davanti, ha anche evitato di “investire il pedone” che era “sul marciapiede” all’angolo. E’ il testimone al quale, poi, due carabinieri avrebbero intimato di cancellare un video che aveva realizzato col telefono.
Militari che sono indagati in un filone dell’inchiesta per favoreggiamento e depistaggio.
Mentre la difesa di Bouzidi e la legale dei familiari di Ramy, l’avvocata Barbara Indovina, contesteranno con forza coi propri consulenti la relazione, è intervenuto anche Matteo Salvini. “Ora chiedano scusa – ha scritto – quelli che hanno accusato e infangato l’Arma”.
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