Maggioranza spinge sul referendum, ‘ma non è su Meloni’ – Notizie – Ansa.it

Maggioranza spinge sul referendum, ‘ma non è su Meloni’ – Notizie – Ansa.it


Il centrodestra scalda i motori e, alla vigilia dell’ultimo via libera alla riforma della giustizia, rilancia sul referendum. “Noi saremo i primi a promuoverlo”, promette, da Forza Italia, Maurizio Gasparri. Gli azzurri, che si preparano a festeggiare dopo l’ultimo passaggio parlamentare a piazza Navona (probabilmente insieme a delegazioni di FdI e Lega) corrono e hanno già individuato i referenti dei comitati referendari per il sì: il deputato Enrico Costa e il senatore Pierantonio Zanettin. Per richiedere la consultazione popolare nel modo più veloce possibile, la maggioranza raccoglierà le firme di un quinto dei parlamentari di una Camera, ma non è escluso che – per rafforzare la campagna – successivamente si possano percorrere anche le altre strade: i banchetti per l’eventuale sottoscrizione da parte di cinquecentomila elettori o la richiesta di cinque consigli regionali. Ipotesi che, però, ancora devono passare al vaglio dei leader. Con FdI che, memore dell’esperienza di Matteo Renzi, è determinata a non personalizzare troppo la consultazione popolare. “Noi non chiederemo mai un voto sulla Meloni, noi chiederemo agli italiani, anche a quelli che hanno in antipatia Meloni, di valutare se la giustizia va bene così com’è o va riformata”, mette subito in chiaro Giovanni Donzelli. Le opposizioni non stanno a guardare e, mentre vanno avanti nella battaglia parlamentare, fanno sapere che – anche loro – raccoglieranno le firme per il referendum dando vita a “una grande mobilitazione” nazionale per il no. “Vogliono mettere sotto controllo la magistratura, siamo convinti che i no vinceranno”, afferma il verde Angelo Bonelli.

“Le osservazioni” in Senato di chi si oppone alla separazione delle carriere “sono state la solita litania petulante”, attacca il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che in Aula sceglie di non replicare alle invettive del centrosinistra. Il guardasigilli, poi, torna sulle dichiarazioni del presidente Ignazio La Russa (“E’ giusta la separazione delle carriere ma forse il gioco non valeva la candela”) e sceglie di farlo con un gioco di parole: la riforma non solo valeva una candela, bensì addirittura “un candelabro”.

Tra i contrari alla modifica costituzionale, oltre alla minoranza parlamentare, gli italiani troveranno schierata l’Associazione nazionale magistrati con il suo comitato per il no. “Non sono pessimista sul risultato”, dice il presidente dell’Anm, Cesare Parodi, che, in un’intervista, parla anche della possibilità di dimettersi in caso di vittoria dei sì: “Considerare questa possibilità è doveroso e dovuto”. L’esito del referendum, a suo avviso, “dipenderà anche da fattori svincolati dal contenuto. Se dovessero emergere criticità su condotte di magistrati, concreti dubbi su condotte negative, potrebbero portare maggiore consenso alla riforma”. Non a caso, proprio sugli errori giudiziari e sulla degenerazione correntizia – stando ai pronostici – batterà la campagna referendaria del centrodestra. Che potrebbe puntare anche su alcuni volti noti per spingere la riforma: tra questi era circolato il nome di Gaia Tortora che però smentisce: pur sostenendo la riforma, non parteciperà ad alcun comitato. Anche l’ex magistrato Antonio Di Pietro, tirato in ballo in alcune ricostruzioni stampa, puntualizza: “Sono favorevole alla separazione delle carriere. ma non intendo impegnarmi per il referendum per questo o quel partito”.

Sui tempi delle urne, le date cerchiate in rosso sono quelle subito dopo Pasqua (“presumibilmente tra metà marzo e metà aprile”, aveva anticipato il titolare della Giustizia). Dopo la pubblicazione della legge in Gazzetta Ufficiale, si devono conteggiare tre mesi per fare richiesta e altri 30 giorni per le verifiche della Cassazione. Poi sarà fissata la data. “Prima il referendum si farà, meglio sarà”, sintetizza efficacemente il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. 

 

 

 

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