Martin Parr, lo sguardo caustico sulla quotidianità – Arte – Ansa.it

Martin Parr, lo sguardo caustico sulla quotidianità – Arte – Ansa.it


I vacanzieri della classe operaia in spiaggia tra involucri di fish and chips, bambini in lacrime e giostre da luna park; la realtà pacchiana del consumismo; il turismo di massa, chiassoso, improbabile, eccessivo e le giornate di shopping selvaggio. Ma anche i tornei di tennis, con lo sguardo puntato sugli spalti, tra gadget vistosi e travestimenti grotteschi. E poi le immagini di moda, realizzate per riviste come Amica o Vogue. E la musica, con la regia del videoclip musicale London dei Pet Shop Boys nel 2003.

È morto Martin Parr, il più celebre fotografo documentarista britannico, capace di rivitalizzare con la sua impronta pop, caustica e colorata, la fotografia di documentazione sociale: si è spento a 73 anni, nella sua casa di Bristol.

Video E’ morto Martin Parr, il grande fotografo inglese aveva 73 anni

 

Nel maggio 2021 gli era stato diagnosticato un cancro. “È con grande tristezza che annunciamo che Martin Parr (1952-2025) è morto ieri nella sua casa di Bristol”, ha scritto sul suo sito web la sua fondazione. “Ci mancherà moltissimo”. “Lascia la moglie Susie, la figlia Ellen, la sorella Vivien e il nipote George. La famiglia chiede il rispetto della privacy in questo momento”. Nato a Epsom, nel Surrey, nel 1952, ispirato dal nonno, appassionato fotografo amatoriale, dopo aver studiato fotografia al Manchester Polytechnic, Parr ha iniziato a fotografare da Butlin’s prima di incontrare la moglie Susan Mitchell e trasferirsi sulla costa occidentale dell’Irlanda, dove ha pubblicato diverse opere, tra cui la serie Bad Weather del 1982, realizzata utilizzando una macchina fotografica subacquea. La coppia si è poi apostata a Wallasey dove Parr ha realizzato quella che in seguito avrebbe definito la sua opera migliore, The Last Resort, reportage ironico e provocatorio frutto di tre estati trascorse sulle spiagge di New Brighton. Trasferitosi poi a Bristol con la famiglia, ha rivolto la sua attenzione all’altro estremo della società, un mondo di feste in giardino, gite per lo shopping e giornate a porte aperte nelle scuole pubbliche, al centro del suo libro fotografico del 1989 The Cost of Living. La costante del suo percorso è l’attenzione per la vita sociale e domestica, con serie di foto come Home Sweet Home, Love Cubes, June Street, frutto di una ricognizione sulle case del ceto medio lavoratore di Manchester, alla ricerca di quello che ha definito “il sublime ordinario”.

Nel suo obiettivo anche il cattivo gusto, alla ricerca di quel senso comune basato sul paradosso di una orribile ma rassicurante familiarità. Beauty Spots (1973-76), Hebden Bridge Series (1977-77), One Day Trip 1989) sono alcuen tappe di questo percorso. Negli anni ’90 il suo lavoro si è fatto più internazionale, con le critiche all’industria turistica, tra la mitologia idealizzata dei luoghi celebri e la realtà degradata dall’uso (Small World, 1995), e al consumismo globale (Common Sense, con 350 opere allestite simultaneamente in quarantuno sedi in diciassette paesi, mostra entrata nel Guinness World Record). Nel suo obiettivo anche il ballo, tra l’energia delle piste e il corpo collettivo che si manifesta senza riserve, e lo sport. Nel 1994 è entrato – non senza polemiche – nell’agenzia Magnum Photos di cui è diventato poi presidente tra il 2014 e il 2017. Parr ha anche insegnato all’Oldham College of Art ed in altri istituti a Manchester, Dublino e Newport e ha tenuto mostre in tutto il mondo, Italia compresa. La fotografia “per me è una terapia. Se non facessi foto diventerei matto. È il modo per esprimermi e sono fortunato a riuscire così bene”, aveva raccontato l’anno scorso a Milano, in occasione di una mostra delle sue opere al Mudec.

Nel 2014 ha fondato la Martin Parr Foundation, che ospita il suo archivio fotografico e la sua vasta collezione di fotografie britanniche e irlandesi di altri artisti. Parr è stato infatti anche un collezionista di libri fotografici, cartoline e memorabilia, come gli orologi di Saddam Hussein. Ma la fotografia in sé è sempre stata la sua più grande ossessione: “Se vuoi fare il fotografo, devi essere impavido”, ha detto una volta. “Non c’è tempo per essere intimiditi”. A novembre ha pubblicato Utterly Lazy and Inattentive: Martin Parr in Words and Pictures, autobio

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