Piano Trump in stallo, Usa progettano base vicino a Gaza – Medio Oriente – Ansa.it

Piano Trump in stallo, Usa progettano base vicino a Gaza – Medio Oriente – Ansa.it


Il piano di pace di Donald Trump, a un mese dalla cerimonia in pompa magna di Sharm el Sheikh, appare “in stallo” e stenta a passare alla cosiddetta fase 2. Sul terreno restano da sciogliere i nodi della restituzione degli ultimi quattro corpi di ostaggi, che Hamas starebbe cercando a Gaza City con l’ausilio della Croce Rossa, e dei 150 miliziani bloccati nei tunnel di Rafah che non vogliono deporre le armi senza garanzie di un passaggio sicuro. Nonostante le pressioni Usa, e la visita a Gerusalemme del genero e inviato di Trump Jared Kushner, l’ufficio del primo ministro ha smentito di aver promesso agli Stati Uniti di lasciarli andare. Washington tuttavia va avanti e, stando a media israeliani, sta già progettando di istituire una grande base militare nel sud di Israele, in prossimità del confine con la Striscia, sottraendo sempre di più allo Stato ebraico il controllo su quei territori, dopo che il Centro di monitoraggio del cessate il fuoco di Kiryat Gat a guida Usa avrebbe già preso in mano la supervisione dell’ingresso degli aiuti a Gaza. La nuova base costerà circa 500 milioni di dollari e dovrà ospitare le migliaia di militari – si parla di 20.000 in tutto – della Forza internazionale di stabilizzazione prevista dall’accordo di pace, che però deve ancora essere definita e costituita. I Paesi musulmani che finora si sono detti disposti a inviare truppe hanno chiesto un mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu, al quale la Casa Bianca sta ancora lavorando. Altri – Italia compresa – restano in attesa di capire quali saranno obiettivi e regole di ingaggio.

 

 Ma alcuni funzionari dell’amministrazione Trump, sostiene Politico, sono profondamente preoccupati che l’accordo tra Israele e Hamas possa fallire a causa della difficoltà di attuazione di molte sue parti fondamentali, tra cui proprio la futura Forza di pace. Diverse fonti europee e americane hanno inoltre riferito alla Reuters il rischio che, senza un forte impegno da parte degli Usa per uscire dall’impasse, la Linea Gialla – che nel piano segnalava solo un primo ritiro dell’Idf – possa diventare un confine permanente, tra l’area sotto il controllo israeliano e quella ancora sotto il giogo di Hamas, che dividerà di fatto la Striscia in due a tempo indeterminato.
Anche la ricostruzione sembra destinata a limitarsi alla zona controllata da Israele dove, secondo Atlantic, l’amministrazione Trump punta a costruire una prima “Comunità sicura alternativa”, un progetto pilota con un centro medico, una scuola e “alloggi temporanei per 25 mila” palestinesi senza legami con Hamas. Gli aspiranti residenti saranno passati sotto la lente dello Shin Bet israeliano e chi sarà ammesso non potrà tornare indietro, consolidando così la divisione di Gaza.
Hamas intanto ha condannato come “razzista e criminale” il disegno di legge passato in prima lettura alla Knesset che prevede la pena di morte per i terroristi che uccidono israeliani, definendolo “un tentativo di legittimare l’uccisione di massa organizzata dei palestinesi”. Obiettivo dichiarato dell’ultradestra messianica è impedire futuri accordi di scambi di prigionieri con i quali condannati per terrorismo “tornano in libertà e a uccidere”, mentre gli oppositori contestano una norma valida solo per gli arabi e non per terroristi ebrei. E fa discutere il video del ministro per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, che ha celebrato il voto offrendo baklava, tipici dolci mediterranei, ai parlamentari presenti in aula.
“Stiamo facendo la storia”, ha esultato il falco del governo Netanyahu. 

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