Avrebbero dovuto aprire lo scorso 20 maggio. Ci sono voluti 5 mesi più del previsto, ma i centri per migranti in Albania sono finalmente pronti, dopo una serie di difficoltà e problemi per allestire uno dei due siti, quello di Gjader.
L’area è stata infatti consegnata solo ieri al ministero dell’Interno italiano, al termine dei complessi lavori di urbanizzazione.
Dopo i collaudi, nel giro di una settimana, le strutture saranno in grado accogliere i primi stranieri da sottoporre alle procedure accelerate di frontiera. Sono due le aree che in seguito all’accordo stretto tra i due premier, Giorgia Meloni ed Edi Rama, sono destinate ad ospitare migranti – maschi, non vulnerabili e provenienti da Paesi sicuri – che si punta a rimpatriare velocemente dopo l’esame della domanda di asilo.
Al porto di Schengjin è stato allestito un hotspot per l’identificazione dei migranti soccorsi in mare esclusivamente da navi italiane. Dopo la rilevazione delle generalità le persone saranno trasferite a Gjader, una ventina di km all’interno. Qui sono state approntate tre strutture: un centro per il trattenimento di richiedenti asilo (880 posti), un Cpr (144 posti) ed un penitenziario (20 posti). L’area di Gjader, messa a disposizione da Tirana, era un ex sito dell’Aeronautica albanese fortemente degradato. I militari del Genio italiano sono stati impegnati nei faticosi lavori di ripristino e di allestimento durati mesi, con l’attivazione delle reti idrica e fognaria ed il terreno da consolidare. Ci sono muri di cinta, telecamere lungo il perimetro, un dispositivo di sicurezza all’interno, dove vige la giurisdizione italiana e le forze di polizia italiane garantiranno l’ordine.
Ci sarà anche personale dell’Unhcr per monitorare il rispetto dei diritti dei rifugiati. Le domande di asilo verranno processate nel giro di 4 settimane. Previsti collegamenti in videoconferenza col tribunale di Roma per le udienze di convalida del trattenimento. Proprio questo è uno dei punti a rischio del progetto Albania: infatti, finora, i magistrati hanno convalidato solo una minima parte dei provvedimenti di trattenimento emesse dai questori. Al governo prevale però l’ottimismo su un esperimento al momento unico: processare le domande di asilo sotto la giurisdizione italiana ma in un Paese terzo. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ne ha parlato la scorsa settimana ai colleghi del G7: “in Europa già 15 Paesi – ha spiegato – hanno chiesto alla Commissione di guardare con attenzione al modello italiano, che è diverso da quello inglese in Ruanda. Sarà ora seriamente valutato dalla nuova Commissione europea”.
L’obiettivo sempre messo in chiaro è quello della deterrenza: se sanno di rischiare di finire in Albania e non in Italia i migranti ci penseranno due volte prima di mettersi in viaggio, è il ragionamento.
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