Il sole era ancora alto sull’Huis ten Bosch, il Palazzo Reale de L’Aja, ma al tavolo della cena dei leader dell’Alleanza Atlantica l’atmosfera ha inizialmente faticato a riscaldarsi. L’arrivo di Donald Trump nei Paesi Bassi ha rappresentato – se si esclude la sua presenza ai funerali di Papa Francesco – la prima vera sortita del tycoon nel Vecchio Continente. E le incognite legate alla sua presenza si sono immediatamente moltiplicate, a partire dai rapporti tra il presidente americano ed Emmanuel Macron, sprofondati ai minimi termini dopo il G7.
A mitigare il clima ci ha pensato certamente la mediazione della Casa Bianca sulla guerra tra Israele e Iran. Il presidente americano è atterrato nei Paesi Bassi mentre Teheran, al termine di una giornata di tregua segnata dalle tensioni, annunciava la fine della guerra dei 12 giorni. Trump non avrà difficoltà a mettere sul tavolo dei leader europei il traguardo incassato sul fronte mediorientale. Ma difficilmente ciò ridurrà le distanze tra l’uomo della Casa Bianca e una parte dell’Ue. “Il suo aver postato il messaggio di Rutte ci ha lasciati interdetti…”, ha spiegato una fonte europea, anticipando che, di rapporti con gli Stati Uniti, si parlerà certamente anche al vertice dei 27 previsto per giovedì, subito dopo il consesso de L’Aja.
In questo contesto ha acquisito un certo spazio il “duello” tra Macron e Trump. Il corto circuito del G7 del Canada è stato preceduto dal blitz del primo in Groenlandia ed è stato seguito dalle divergenze tra l’Eliseo e il presidente americano sull’attacco degli Usa all’Iran. Dalla Norvegia, poco prima di partire per il summit della Nato, Macron ha annunciato un colloquio telefonico con Trump, segno che tra i due sia arrivato il tempo di un timido disgelo. Probabilmente, si tratterà solo di una tregua diplomatica. Intanto l’Ue, con prudenza, sembra restare alla finestra. Ma alla fine, i nodi potrebbero arrivare al pettine. Sui dazi, ad esempio, la Commissione continua a navigare a vista. Secondo fonti vicine al dossier, entro il 9 luglio – quando scadrà la sospensione delle tariffe decisa da Trump – non si andrà, nelle previsioni più rosee, oltre a un accordo quadro. E, nel corso della prima giornata del Summit Nato, nessun faccia a faccia tra Ursula von der Leyen e Trump è stato previsto.
Su cifre e dettagli di un eventuale accordo, del resto, non si vede una deadline all’orizzonte. Trump, viene spiegato, insiste su uno schema che preveda almeno il 10% di dazi sui prodotti europei. Ursula von der Leyen vorrebbe un accordo ad ampio spettro, basato sul principio del libero scambio. Nel frattempo il pressing sulla Commissione nei prossimi giorni rischia di aumentare. Paesi come la Francia di Macron o la Spagna di Pedro Sanchez – già ai ferri corti con The Donald sulla difesa – non ammettono eccessive concessioni all’alleato americano. E, nel mezzo, capitali come come Roma o Madrid rischiano di trovare sempre meno spazio nel loro ruolo di pontiere tra le due sponde dell’Atlantico. L’agenda della premier a L’Aja è ancora in fieri. Di certo Meloni è atterrata nei Paesi Bassi strizzando l’occhio all’amico Donald, con la sua stoccata nei confronti dei progetti sulla difesa comune Ue. Ma, allo stesso tempo, Meloni non può non tener conto delle esigenze del continente europeo. A cena i due, seduti l’uno accanto all’altro, hanno avuto un lungo scambio, incentrato in gran parte sul Medio Oriente. Ma al di là della vicinanza politica tra la leader italiana e il presidente americano i loro interessi rischiano di divergere mentre in Europa, come illustrava il recente sondaggio dell’European Council on Foreign Relations, il malumore degli elettori nei confronti di Trump cresce rapidamente.
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