File e ressa da grande evento, cori “chi non salta comunista è”, saltelli e qualche accenno di tarantella sul palco. Il centrodestra crede nella “remuntada” e chiama a raccolta tutti i leader per sostenere la corsa di Edmondo Cirielli. Un uomo “onesto, orgoglioso del suo Sud, un mio amico”, lo definisce senza timori Giorgia Meloni, galvanizzando la platea del PalaPartenope di Napoli e chiedendo uno sforzo fino all’ultimo voto per portare “l’alternativa ai voltagabbana e alle fritture di pesce”. Ai commedianti che non rendono nemmeno onore, nella sua visione, alla commedia napoletana, “che è cosa seria”.
I riferimenti sono, da una parte, Roberto Fico, aspirante governatore per il centrosinistra, e dall’altra l’uscente Vincenzo De Luca: quello che l’aveva definita “stronza”, come ricorda lei stessa snocciolando i numeri “veri” delle lista di attesa, ancora “lunghissime in Campania. Lui pensa che siamo tutti scemi e fa il gioco delle tre carte e non ve li dice ma io sì perché si sa che sono str…” scherza la premier che cavalca i “risultati concreti”, citati anche da Maurizio Lupi e Antonio De Poli, che il governo ha ottenuto in tre anni per il Sud, diventato “locomotiva d’Italia”.
Terra “orgogliosa”, dalla “civiltà millenaria”, sottolinea Meloni scorrendo la storia partenopea, da Federico II di Svevia a Totò, Sofia Loren fino a Pino Daniele, cui ha dedicato pure il parco di Caivano. Altro simbolo che non manca di citare di un governo che “ha fatto scelte coraggiose”, come quella di abbassare l’età della punibilità per “sottrarre i bambini al giogo della camorra”. O come quella di riformare la giustizia. Anche qui la premier chiede un voto, da fare senza pensare al governo che “arriverà a fine legislatura”, assicura.
Si possono smentire “i pronostici”, dice ancora la premier, spingendosi meno in là (certo anche per scaramanzia) di Antonio Tajani che si dice sicuro che Cirielli sarà il prossimo governatore della Campania, o di Matteo Salvini, che vede una partita “apertissima” e che “si può vincere”. Le battute contro Fico, per la barca o per il reddito di cittadinanza, bandiera dei 5 Stelle cancellata dal centrodestra, si susseguono. Ma nel mirino entra anche il leader della Cgil Maurizio Landini che “fa politica” invece di difendere i salari e i lavoratori, attacca Tajani (che cita Berlusconi facendo scattare cori ‘c’è solo un presidente’ dalla platea). E’ uno “scioperante di professione” che non firma gli accordi e “tiene sotto sequestro milioni di lavoratori” va giù ancora più duro Salvini. Che snocciola tutti i suoi temi preferiti: dal Ponte (“serviva un ministro milanese per farlo, con Fico non si fa nemmeno un tombino”), alla difesa della famiglia tradizionale, perché “ognuno può baciare chi vuole ma teniamo fuori i bambini dalle scelte degli adulti”. Non mancano i campi rom da chiudere “con la ruspa” e sempre per “salvare i bambini”, fino al “pericolo numero uno” del fanatismo islamico, cui ci si espone con la politica delle porte aperte.
Ma “se inizi a dire che non ti piace il calcio, che non ti piace come si vestono le nostre donne o non ti piace San Gennaro, torna a casa tua”, taglia corto il leader leghista. Mentre in prima fila applaude, insieme a tutto il centrodestra locale, anche il capolista a Napoli Gennaro Sangiuliano.
Anche su di lui ha scommesso Cirielli che lancia sul palco un “patto” coi campani: sanità in primo luogo, con le cure “entro 30 minuti da casa” e il dimezzamento delle liste di attesa, col tasso di occupazione da portare sopra “al 50%”. E soprattutto con la promessa di “100 euro in più al mese” a chi percepisce una pensione minima. Con la promessa, altrettanto solenne, di dimettersi se “a metà mandato, tra due anni e mezzo, non avremo raggiunto il 50% degli obiettivi”. L’energia c’è, quella che diventa “benzina per governare”, dice Meloni. Che non dovrebbe tornare a Napoli, nonostante le speranze dei suoi. Ma certo aspetterà il risultato. Sperando di “ribaltare i pronostici”.
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