La “mancata terzietà”, i “conflitti di interesse”, la radiografia delle spese e poi “quella multa da 44 milioni a Meta finita con un nulla di fatto”: dopo le anticipazioni dei giorni scorsi, Report è tornato in serata alla carica contro il Garante Privacy, nonostante l’altolà dell’Autorità, che sabato aveva auspicato che non andasse in onda, in particolare, l’inchiesta sugli smart glasses di Meta in quanto “destituita di ogni fondamento”, escludendo qualsiasi ipotesi di danno erariale.
“È stata travisata ancora una volta la realtà dei fatti”, aveva rincarato la dose nel pomeriggio il componente del collegio Agostino Ghiglia, finito stavolta nel mirino del programma per l’incontro con il responsabile istituzionale di Meta in Italia, a ottobre 2024, prima della decisione dell’Autorità sulla multa. “Report documenta una serie di fatti inoppugnabili su quello che è accaduto”, la replica di Ranucci, che in puntata ha sottolineato: “In questi giorni ben due membri del Garante hanno cercato di metterci i bastoni fra le ruote, uno è Agostino Ghiglia, con una diffida, l’altra è la professoressa Ginevra Cerrina Feroni che avrebbe telefonato direttamente ai vertici”.
Il programma ha messo in fila gli elementi anticipati nei giorni scorsi, con la ricostruzione della multa da 150mila euro inflitta a Report dall’Autorità per la messa in onda dell’audio tra l’ex ministro Sangiuliano e la moglie Federica Corsini, preceduta dalla visita di Ghiglia nella sede di FdI. E poi i presunti conflitti di interesse dei componenti dell’Autorità, compreso il presidente Pasquale Stanzione, in particolare per i rapporti con la famiglia Sica dei legali di Sangiuliano, ma anche con la Link Campus University, coinvolta in un ricorso “per il quale votò per il semplice ammonimento: è la prova – l’accusa di Ranucci – che la mano del Garante è ‘dual use’, di piuma con gli amici, di piombo con i nemici degli amici e anche dei partiti di riferimento”.
Nel mirino anche i costi dell’Autorità, gli stipendi, i viaggi in business, le spese, i rimborsi “anche per le spese fitness e lavanderia”. E il caso del sito sessista Phica.net: nonostante le segnalazioni di 17 donne, “il Garante – ha puntato il dito Ranucci – ha ritardato nel capire che si trattava di un sito sessista: non sono mai intervenuti né per bloccare né per segnalare il sito”. Spazio poi alla vicenda degli smart glasses di Meta e all’incontro tra Ghiglia e il responsabile istituzionale di Meta in Italia. “Insinuare malevolmente ed erratamente” che “io abbia avuto un qualsivoglia ruolo in una eventuale rideterminazione della sanzione è una pura forzatura con intenti diffamatori”, ha avvertito Ghiglia prima della puntata. “Non è stato travisato nulla”, la replica di Ranucci.
“Se una multa ipotizzata dagli stessi dipartimenti tecnici che era di 44 milioni, poi diventata 12,5 milioni, poi di 1 milione caduto pure in prescrizione nonostante i garanti fossero a conoscenza delle scadenze, è un danno erariale, non lo decide Ghiglia o gli altri ma la Corte dei Conti. Vedremo se e quando vedrà gli atti deciderà se indagare”.
Ad aprire la puntata, le inchieste sulle nomine nell’ambito della cultura – e in particolare sulle scelte del ministero nelle commissioni consultive per il teatro e il circo e sull’assegnazione dei relativi finanziamenti – e sulla commissione Antimafia presieduta da Chiara Colosimo, intervistata dal programma. Report – come anticipato sui social – ha mostrato una foto del 2015 che ritrae la deputata Fdi in primo piano con un busto di Benito Mussolini (e con Pamela Perricciolo): “Mi dispiace moltissimo – il commento di Colosimo – ho fatto il mio primo viaggio della memoria a scuola e da allora non ho mai avuto simpatie per Mussolini, credo non gli si possano mai perdonare le leggi razziali. Questa foto non l’ho mai vista però. Sono meravigliata anche di averla fatta”. Nell’intervista Colosimo è tornata anche su un’altra foto, quella – sempre scovata da Report – che la vedeva accanto a Luigi Ciavardini. La presidente della commissione Antimafia ha ricordato di aver “conosciuto Ciavardini nell’ambito di iniziative legate alle attività dei detenuti in carcere. Ma quello scatto non indica l’adesione alle idee di Ciavardini, anzi condanno il suo percorso”. Quanto a tentativi revisionisti sul verdetto sulla strage di Bologna, “esiste una condanna, esiste un procedimento che ha appurato i fatti e ci sono persone che stanno pagando il loro conto con la giustizia”, ha spiegato. “Anche la presidente Meloni in più occasioni ha riconosciuto la sentenza e ha condannato quanto avvenuto a Bologna. Abbiamo condannato e continueremo a condannare gli esponenti della destra eversiva che si sono macchiati di reati gravissimi come quelli della strage di Bologna”. Quanto allo zio Paolo Colosimo, condannato per aver fatto da tramite tra Gennaro Mokbel e le cosche di ‘ndrangheta, la presidente dell’Antimafia ha ribadito di “non aver più avuto rapporti con lui” da quando fu arrestato.
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