È tornata a rivivere in un’aula di giustizia la tragedia di Rigopiano, l’hotel in Abruzzo travolto il 18 gennaio del 2017 da una valanga sotto la quale morirono 29 persone.
In Corte d’Appello a Perugia è iniziato l’appello bis per quella strage di 8 anni fa, come disposto dalla Cassazione che ha rinviato il processo a dieci imputati: sei funzionari della Regione accusati di disastro colposo e altri quattro, tra cui l’ex sindaco di Farindola, accusati di omicidio colposo. Reato che, però, è ormai prossimo alla prescrizione. In aula i familiari si sono presentati indossando magliette con i volti dei loro cari.
La prima udienza è stata caratterizzata dalla relazione introduttiva del giudice a latere Carla Giangamboni e già nella prossima – fissata per il 17 novembre – la parola potrebbe passare al sostituto procuratore generale Paolo Berlucchi, per la requisitoria, salvo che le parti non presentino istanze dibattimentali, non ancora annunciate ma sempre possibili.
“Cerchiamo la giustizia. La verità la sappiamo già perfettamente” ha detto al termine dell’udienza Gianluca Tanda, coordinatore del Comitato delle vittime di Rigopiano e fratello di Marco, una delle 29 vittime che morì tra le macerie. “In questo perimetro ben delimitato sono mancate tante figure, tra le quali la Regione. Oggi sta qui (accenna verso il palazzo di giustizia – ndr) e siamo contenti” ha aggiunto.
L’elemento nuovo, per questo procedimento, è quello della prevenzione. Per la Cassazione, i funzionari regionali avrebbero dovuto applicare la legge che li obbligava a redigere la carta localizzazione pericolo valanghe. Un documento che, sostengono i giudici, avrebbe potuto scongiurare sicuramente la tragedia, in quanto l’hotel sarebbe stato con ogni probabilità chiuso durante i mesi invernali. Se la carta fosse stata applicata, secondo gli ermellini, l’hotel sarebbe potuto essere classificato come a rischio valanghe, cosa che avrebbe comportato il divieto di accedervi oppure di utilizzare le strutture in esso presenti.
Video Il Comitato vittime di Rigopiano: ‘La verità la sappiamo, cerchiamo giustizia’
“Ovvero – scrissero nelle motivazioni della sentenza – ne avrebbe imposto un uso disciplinato (limitato, per esempio, alle stagioni non invernali)”. “Era tal conclusione possibile? – si chiedono i giudici – Tale conclusione era possibile e anche dovuta”. Da qui la rimodulazione alla sentenza di secondo grado con la richiesta di un nuovo processo, in particolare, per sei dirigenti della Regione Abruzzo, assolti nei precedenti gradi, sull’ipotesi di reato di disastro colposo, per la mancata applicazione della Carta localizzazione.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA
