Ansa – di Alessandra Magliaro
I ristoranti stellati, quelli per famiglie, e poi i bistrot che ormai dilagano. Lo street food non è più solo il cibo dei chioschi in strada ma è diventato l’alternativa della ristorazione nelle città più grandi e cosmopolite innanzitutto
È un cibo popolare, di provenienza etnica o regionale ed è un ponte culturale. Un giorno il vietnamita, un altro il peruviano, poi provi il burrito messicano e così via, senza tralasciare la friggitoria dei panzerotti pugliesi o quella tutta dedicata alle arancine siciliane. E cosi familiarizzi con altre tradizioni e arricchisci il tuo vocabolario gastronomico. C’è una spinta turistica in questa offerta e c’è un richiamo alle proprie origini familiari in un mondo globalizzato di espatriati a vario titolo. Fatto è che spopola è il family restaurant a tema. Basta vedere dove si forma la fila, a Londra. Soho è uno spettacolo, la zona centralissima di Londra che nella sua storia ne ha viste tante – acronimo di a sud di Houston Street, riserva di caccia durante il regno di Enrico VIII piena di quelle volpi di cui oggi è tornata piena la città, poi residenza dell’aristocrazia londinese fino all’arrivo di massa di immigrati (tra cui Marx) con l’industrializzazione, luogo mitico della Swinging London degli anni ’60 e ’70 , degradato negli anni ’90 tra spaccio, prostituzione e sexy shop – ora è un bengodi di gastronomie che esaltano la storica multiculturalità e non convenzionalità del quartiere. E su tutto il trend attuale guarda all’Asia, in particolare alla Corea che ora è al top tra indiani e cinesi. Ristoranti, negozi, market, bar tutto è Yin e Yang rosso e blu, tutto è ‘cute’ carino come amano definire la loro estetica.