Trump chiede la grazia per Netanyahu, ma Herzog frena – Notizie – Ansa.it

Trump chiede la grazia per Netanyahu, ma Herzog frena – Notizie – Ansa.it


Lo aveva già chiesto nel suo discorso alla Knesset di un mese fa, in occasione dell’accordo tra Israele e Hamas per il cessate il fuoco, ma in modo informale, a braccio, come fosse un’intuizione del momento. Ora Donald Trump ha fatto un passo ufficiale, mettendo nero su bianco la sua richiesta al presidente israeliano Isaac Herzog su carta intestata della Casa Bianca: “Ti chiedo di concedere la grazia a Benyamin Netanyahu, un primo ministro formidabile e decisivo in tempo di guerra e che ora guida Israele in tempo di pace”. L’alleato americano, che a sua volta ha dovuto affrontare i giudici in quella che chiamava “una caccia alle streghe”, corre in soccorso di Bibi, come lo chiama nella lettera inviata a Gerusalemme, definendo “ingiustificato e politico” il processo a carico del premier. “Ora che abbiamo ottenuto successi senza precedenti e che stiamo tenendo Hamas sotto controllo, poniamo fine a questa guerra legale una volta per tutte”, ha esortato Trump. La risposta, pacata ma decisa, del capo dello Stato israeliano non si è fatta attendere: pur ribadendo “la massima stima per il presidente Trump” e “l’apprezzamento per il suo incrollabile sostegno a Israele”, Herzog ha sottolineato come “chiunque chieda la grazia presidenziale deve presentare una richiesta formale secondo le procedure stabilite”.

Il presidente israeliano non è entrato nel merito dei procedimenti giudiziari: Netanyahu è sotto processo dal 2020 con le accuse di corruzione, frode e abuso di fiducia, in tre distinti casi. Ma la lettera di Trump ha scatenato entusiasmi o, al contrario, polemiche tra sostenitori e oppositori del premier. Il falco ministro per la Sicurezza nazionale, Ben Gvir, ha esortato Herzog a dare ascolto al tycoon: “La grazia è la cosa giusta e urgente da fare”, ha twittato. “Ci voleva Trump per mettere in luce l’assurdità di un processo kafkiano”, ha affermato il collega degli Esteri, Gideon Sa’ar. Mentre il leader dell’opposizione Yair Lapid ha voluto ricordare che “la legge israeliana stabilisce come primo requisito per la grazia il riconoscimento della propria colpa e l’espressione di rimorso per le proprie azioni”. I media israeliani sottolineano, inoltre, che il presidente può concederla solo dopo la condanna, e solo in rarissimi casi di interesse nazionale anche durante il procedimento. E comunque sempre su richiesta della personata interessata o di un suo familiare stretto: fonti dell’ufficio del premier avevano riferito il mese scorso a Channel 13 che la moglie Sara si stava muovendo in tal senso.

Le udienze intanto proseguono a rilento, spesso rinviate a causa della guerra a Gaza dove la tregua sembra reggere a fatica: l’esercito continua gli attacchi aerei e di artiglieria contro tutto ciò che ritiene “una minaccia”, mentre non si sblocca la sorte dei 150 miliziani di Hamas intrappolati nei tunnel di Rafah. In base all’accordo di cessate il fuoco, inoltre, la fazione palestinese deve ancora restituire quattro corpi di ostaggi uccisi. Israele intanto ha riaperto “in modo permanente” il valico di Zikim per l’ingresso di aiuti umanitari verso il nord della Striscia, il più duramente colpito nel conflitto, così come resta aperto quello al sud di Kerem Shalom.

Ora però si teme che un altro conflitto possa esplodere anche in Cisgiordania, dove con la raccolte delle olive si sono moltiplicati a ottobre gli attacchi di coloni contro i palestinesi. L’ultimo grave episodio, martedì sera, quando decine di civili incappucciati hanno incendiato un’attività agricola vicino a Tulkarem e ferito quattro palestinesi, prima di attaccare anche i soldati intervenuti. Il capo dello Stato maggiore, Eyal Zamir, ha assicurato che l’Idf “non tollererà una minoranza criminale” che ha “superato le linee rosse” macchiando chi rispetta la legge. E ha promesso di “agire con severità, finché giustizia non sarà fatta”. 

   

 

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