Il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che aerei da guerra F-16 che venissero utilizzati dall’Ucraina contro la Russia sarebbero colpiti dalle forze di Mosca anche se si trovassero in aeroporti Nato. Lo riporta l’agenzia di stampa Tass. “Se verranno utilizzati da aeroporti di paesi terzi, per noi saranno un obiettivo legittimo: non importa dove si trovino”, ha detto Putin in un incontro coi piloti dell’aeronautica militare russa nella regione occidentale di Tver. Il presidente russo ha quindi avvertito che la Russia terrà conto del fatto che gli F-16 possono trasportare armi nucleari. “Dobbiamo tenerne conto durante la pianificazione” delle operazioni di combattimento, ha affermato Putin. Lo zar ha quindi assicurato che l’eventuale fornitura di F-16 all’Ucraina “non cambierà la situazione sul campo di battaglia”, poiché la Russia “li distruggerà come già sta facendo con i carri armati e le altre armi” occidentali.
Putin ha definito una “totale assurdità” le accuse secondo cui la Russia sta pianificando di invadere l’Europa. “Per quanto riguarda l’accusa secondo cui stiamo progettando di invadere l’Europa dopo l’Ucraina, si tratta di una totale assurdità intesa esclusivamente a intimidire la popolazione per farle pagare più soldi”, ha detto Putin. Questa narrazione si svolge “in un contesto di crisi economica e di deterioramento del tenore di vita – ha continuato il presidente russo -. Hanno bisogno di giustificarsi, quindi stanno intimidendo la loro popolazione con una potenziale minaccia russa mentre cercano di espandere la loro dittatura al mondo intero”.
Le forze russe hanno lanciato la notte scorsa una raffica di missili e droni sull’Ucraina, ma quasi tutti i velivoli senza equipaggio nemici sono stati abbattuti dalle difese aeree del Paese: lo ha reso noto su Telegram l’Aeronautica militare di Kiev, sottolineando comunque che i missili – cinque in tutto – sono riusciti ad evadere i sistemi difensivi. La Russia ha lanciato un totale di 28 droni kamikaze del tipo Shahed-136/131 dalla regione di Kursk e da Capo Chauda nella Crimea annessa, 26 dei quali sono stati intercettati e abbattuti sulle regioni di Odessa, Kharkiv, Dnipropetrovsk e Zaporizhzhia. Nella notte sono stati lanciati anche tre missili da crociera Kh-22, un missile anti-radar Kh-31P (del Mar Nero) e un missile antiaereo S-300 (dal territorio occupato di Donetsk).
Due donne sono rimaste ferite e diverse case sono state danneggiate dai detriti di droni kamikaze russi lanciati stanotte sulla città ucraina di Zaporizhzhia. Lo rendono noto le autorità locali, citate dai media di Kiev.
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha il suo rifiuto a fornire missili da crociera a lungo raggio Taurus a Kiev e di inviare truppe tedesche in Ucraina. “Come capo del governo devo assumermi la responsabilità sulle questioni relative alla guerra, alla pace e alla sicurezza in Europa: questo vale anche per la questione dei Taurus. Fermo restando il sostegno risoluto all’Ucraina, per me è importante una cosa: faremo del nostro meglio per evitare un’escalation di questa guerra, cioè una guerra tra Russia e Nato”, ha detto Scholz in un’intervista al quotidiano tedesco Markische Allgemeine Zeitung ripresa anche dall’agenzia di stampa russa Tass. “Non invieremo i nostri soldati in Ucraina. E ogni lotto di armi che inviano, analizziamo attentamente cosa significa nel dato contesto, ha continuato il cancelliere tedesco tornando a sottolineare che nessun altro paese in Ue sostiene l’Ucraina con munizioni e armi tanto quanto la Germania. “Solo per questo spendiamo 28 miliardi di euro. Più di molti paesi messi insieme. E continueremo a farlo finché sarà necessario”, ha aggiunto Scholz.
“Putin è un macellaio” e gli Stati Uniti “difenderanno ogni centimetro del territorio della Nato”, anche se non manderanno truppe in Ucraina. Joe Biden e la sua amministrazione mostrano i muscoli, facendo muro contro le accuse dello zar non solo a Kiev ma anche all’Occidente, in particolare a Usa e Gran Bretagna, di aver avuto un ruolo nel recente attentato di una branca dell’Isis a Mosca.
Il presidente ha offeso nuovamente il leader del Cremlino rispolverando un epiteto già usato lo scorso marzo in un incontro con i rifugiati ucraini a Varsavia. Parlando in North Carolina della sua proposta di aumentare le tasse per le aziende e i paperoni, il commander in chief ha spiegato che i 400 miliardi di dollari che si ricaverebbero potrebbero essere usati per “ridurre drasticamente il deficit federale” ma anche “per fare tantissime altre cose… incluso assicurarci finalmente di proteggere l’Ucraina da quel macellaio di Putin”, ha detto, vantandosi poi di non avere i capelli arancioni di Donald Trump.
Il mese scorso, mentre parlava del rischio sempre incombente di un conflitto nucleare, Biden lo aveva bollato come “un pazzo figlio di …”, suscitando la reazione sdegnata del Cremlino.
Del resto in passato lo ha chiamato “assassino”, “dittatore omicida”, “criminale di guerra”, arrivando persino a dire che “non può restare al potere”.
Il presidente americano ha rotto apertamente da tempo con lo ‘zar’, ma sa di dover continuare a fare i conti con lui dopo la sua controversa rielezione. Per questo la sua amministrazione sta cercando di disinnescare il tentativo di Putin di usare la strage al Crocus City Hall come un pretesto per una escalation con l’Occidente, nonostante gli Usa avessero ripetutamente avvisato pubblicamente e privatamente il governo russo della minaccia di un attentato da parte di estremisti islamici. Il monito non era una mano tesa, ma il principio del ‘duty to warn’, ossia il dovere dell’intelligence Usa di condividere anche con gli avversari le informazioni su possibili attacchi terroristici. Una prassi che non ha ripagato, viste le continue provocazioni di Mosca, anche ai confini con la Nato, come suggerisce il missile russo entrato nello spazio aereo polacco.
Un episodio che ha spinto la portavoce del Pentagono Sabrina Singh a ribadire che “se un alleato della Nato venisse attaccato, cosa che certamente non vorremmo accadesse, difenderemo ogni centimetro dell’Alleanza”. Uno scenario da terza guerra mondiale, anche se Washington ha ribadito che non manderà truppe in Ucraina, affossando l’ipotesi evocata recentemente da Macron. Ma mentre gonfiano i muscoli, gli Usa continuano anche a gettare acqua sul fuoco sulle accuse russe a Kiev per la strage del Crocus: “Non c’è alcun commento da fare sul coinvolgimento dell’Ucraina, per la semplice ragione che non è avvenuto. Si tratta solo di propaganda, usata per continuare l’aggressione”, ha tagliato corto il portavoce del dipartimento di Stato Matthew Miller. La Casa Bianca teme comunque che Putin stia sondando il terreno – anche ai confini con i Paesi baltici – e scommettendo che l’Alleanza alla fine non avrebbe il coraggio di andare allo scontro. Nel frattempo spera che a breve la Camera Usa voti i nuovi aiuti per Kiev, come ha promesso di fare lo speaker repubblicano Mike Johnson al ritorno dalle festività pasquali. Questo consentirebbe a Biden di arrivare alle elezioni almeno in una situazione di stallo con la Russia sul fronte ucraino, mentre cerca una via d’uscita sempre più difficile su quello mediorientale, dopo lo strappo con Benjamin Netanyahu su Gaza.
Due conflitti che potrebbero seguire corsi diversi se tra sette mesi trionfasse il suo avversario Donald Trump, che flirta con Putin minacciando i Paesi Nato morosi e promette carta bianca a ‘Bibi’. Una vittoria, rivela il Nyt, sempre più temuta da Barack Obama, spingendolo ad un ruolo più attivo dietro le quinte della campagna democratica – con frequenti telefonate e consigli a Biden e al suo staff – e nella raccolta fondi, che giovedì lo vedrà insieme al suo ex vice e a Bill Clinton all’iconica Radio City Music Hall di New York: un evento raro che testimonia l’urgenza del momento.
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