L’imprenditore emiliano Emanuele Orsini sarà il prossimo presidente di Confindustria. Alla vigilia del voto di designazione Edoardo Garrone gli ha ceduto il passo con una lunga lettera, sentita, costruttiva ma anche amara e dura.
Al voto decisivo per la scelta del prossimo leader degli industriali, in consiglio generale, via dell’Astronomia convergerà quindi su un candidato unico: è espressione non dei grandi industriali ma ancora una volta di quella piccola e media industria che è la dorsale dell’economia italiana. L’elezione sarà poi il 23 maggio, in assemblea.
Dopo la lettera di Garrone in viale dell’Astronomia è arrivata anche una lettera di Orsini: fa riferimento ai “valori” sottolineati da Garrone e assicura: “Sono gli stessi che mi hanno ispirato quando mi sono proposto per guidare il nostro sistema”. Agli industriali dice: “Andremo quindi al voto e sarà importante stringerci attorno a questo progetto di unità”; “Dovremo dimostrare, anche a coloro che potrebbero aver avuto dei dubbi, la forza e l’autorevolezza di Confindustria. Confido che tutti noi saremo coesi con l’obiettivo di essere forti e ascoltati. La nostra responsabilità sarà grande, ma sono certo che insieme saremo in grado di riportare la nostra Confindustria a quella credibilità necessaria per avere un ruolo nelle scelte del nostro Paese”.
La lettera di Edoardo Garrone è una scossa per l’associazione degli industriali: in un clima di evidenti “forti fratture e forti tensioni” – ragiona l’industriale di Erg senza nascondere di essere commosso ed emozionato – “non serve che un candidato possa vincere per qualche voto, magari frutto di ‘impegni o scambi’ eccessivi e per me intollerabili e inaccettabili”.
Per “una Confindustria forte, occorre innanzitutto mettere un candidato nelle condizioni di potersi scegliere la propria squadra e la propria struttura liberamente, senza alcun condizionamento e negoziazione che lo renderebbe debole e ne sancirebbe il fallimento sin dall’inizio”. Anche da qui “la scelta di anteporre il fine alla persona”, di “un passo indietro” per consentire “ad Emanuele Orsini di trovare quelle condizioni ideali per guidare Confindustria senza condizionamenti, e di poterlo fare con grande senso di responsabilità, in nome di un fine collettivo”. E’ stata una scelta “sofferta e ponderata”, dice poi Garrone in una intervista all’ANSA: “Vincere all’ultimo voto rischia di essere una vittoria di Pirro, ovvero di non poter governare l’associazione con la necessaria efficacia”.
E’ stata una mossa – anche questo sembra voler dire la lettera di Edoardo Garrone – che permette a Emanuele Orsini di andare verso la presidenza senza dover valutare alcun accordo per consolidare la sua base di consenso, comunque già alta. In gioco ci sono le nomine dei vicepresidenti. E’ uno scenario da inquadrare nel clima che ha accompagnato queste elezioni: non sono mancati i veleni. Nelle ultime settimane sono poi stati dirompenti le proteste (e i ricorsi) del presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, e dei suoi sostenitori, dopo l’esclusione della candidatura.
“Ringrazio Edoardo – scrive Orsini – per avermi messo nelle condizioni di poter scegliere la squadra migliore in totale libertà, mettendo al centro il nostro progetto. Sarà un progetto portato avanti da persone competenti e all’altezza delle aspettative di tutti voi”.
Va verso la fine del mandato, che per statuto nell’immediato non è rinnovabile, la presidenza di Carlo Bonomi: quattro anni segnati da sfide che ritroveremo nei libri di storia. Designato con voto telematico in pieno lockdown, ha guidato gli industriali attraverso l’emergenza della pandemia, poi ancora crisi gravi come la carenza delle materie prime e la guerra in Europa, confrontandosi con tre governi.
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